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In campagna elettorale il Pd si accorge che la Libia non rispetta i diritti umani

Le commissioni Esteri e Difesa della Camera si sono riunite per il voto finale sulle missioni internazionali. Il Pd ha deciso di non votare la scheda 47, relativa al rinnovo della missione italiana in Libia e quindi al finanziamento alla “Guardia costiera libica”, non incidendo comunque sull’approvazione finale. Curioso come la decisione sia stata presa nel bel mezzo della campagna elettorale, dopo anni di frizioni interne al partito, con la minoranza – che chiedeva il non rinnovo della missione – costantemente ignorata. Si pensi all’accordo [1] firmato da Italia e Libia nel 2017, quando al governo c’era il dem Paolo Gentiloni. In 5 anni, il nostro paese ha versato nelle casse di Tripoli più di un miliardo di euro, in cambio di 82mila migranti respinti e portati nei campi di detenzione libici.

Il decreto Missioni, arrivato a luglio in Parlamento come di consueto, ha seguito il procedimento decentrato (o approvazione in sede deliberante) e dunque è stato discusso e votato dalle Commissioni Esteri e Difesa, escludendo l’Aula. “La missione ha l’obiettivo di supportare, in sinergia e raccordo con le rilevanti attività del Ministero della Difesa, le autorità libiche preposte al controllo dei confini marittimi, per renderle progressivamente autonome nella gestione tecnica e operativa dei mezzi di cui sono dotate, ai fini della prevenzione e repressione dei traffici illeciti via mare“, si legge nel testo, approvato dalla Commissione senza i voti del Pd. Da anni, una minoranza all’interno del partito guidato da Enrico Letta chiedeva una presa di posizione, alla luce delle condizioni degradanti in cui lavora la “Guardia costiera libica” e delle violazioni [2] dei diritti umani che avvengono nei campi di detenzione del paese. La risposta alla richiesta è arrivata in piena campagna elettorale, con il deputato Erasmo Palazzotto che ha dichiarato: «Si tratta di un segnale forte perché il Pd si è di fatto dissociato dall’assumere impegni con la Libia, un paese da anni nel caos che non rispetta i diritti dei migranti».

Nel 2017 l’Italia, attraverso l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (Pd), ha siglato con la Libia il cosiddetto “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere”. Sostanzialmente un accordo che sul tavolo mette finanziamenti in cambio della “soluzione” al fenomeno migratorio: l’intercettazione a largo da parte della GCL. Diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch [3], hanno invitato l’Italia a sospendere l’accordo, dal momento in cui «non può giustificare la sua complicità nella sofferenza dei migranti e dei rifugiati che cadono nelle mani della Guardia Costiera Libica. L’Italia sa che le persone intercettate in mare torneranno ad essere detenute arbitrariamente e a subire abusi».

[di Salvatore Toscano]