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Per i nativi del Canada le scuse del Papa non sono abbastanza

È iniziato oggi il “pellegrinaggio di penitenza” di Papa Francesco in Canada, durante il quale il pontefice visiterà le comunità dei nativi canadesi per scusarsi degli abusi messi in atto nelle scuole residenziali, anche note come boarding schools [1], gestite per la maggior parte dai cattolici. Il viaggio è stato deciso in seguito alla scoperta, nell’estate del 2021, delle tombe anonime di oltre 700 bambini vittime dei trattamenti subiti nelle scuole dei coloni, per i quali il Papa si era ufficialmente scusato lo scorso aprile con i delegati indigeni recatisi in visita in Vaticano. Tuttavia, a fronte delle immense sofferenze causate alla popolazione indigena, alcuni leader hanno definito insufficienti le scuse e richiesto di far ricorso ad altre forme di compensazione, come un risarcimento economico, la restituzione dei manufatti indigeni, il rilascio dei registri scolastici e la revoca della Dottrina della Scoperta, un retaggio del XV secolo ancora valido che giustifica l’espropriazione coloniale delle popolazioni indigene se emessa in forma di bolla papale o editto.

Tra il 1881 e il 1996 infatti [2] oltre 150 mila bambini indigeni furono separati dalle loro famiglie per essere portati in queste scuole – il cui motto era “kill the indian, save the man”, ovvero “uccidi l’indiano, salva l’uomo” -, per essere assimilati alla cultura moderna, cristiana e occidentale. Le boarding schools costituivano infatti il fulcro della politica assimilazionista coloniale, in base alla quale i bambini venivano strappati alle proprie famiglie per essere educati alla “civilizzazione”. All’interno di questi edifici, di natura religiosa e/o statale, ai bambini veniva imposto di dimenticare la propria cultura, se non proprio a provarne vergogna: i capelli venivano tagliati, a ciascuno veniva assegnato un nome scelto dalla Bibbia – della quale bisognava apprendere i precetti fondamentali – e venivano imposti usi e costumi degli uomini bianchi. Coloro che si opponevano o trasgredivano tali norme venivano affamati, picchiati e abusati sessualmente, in quello che la Commissione canadese per la verità e la riconciliazione ha definito un vero e proprio “genocidio culturale” avvenuto con il benestare delle istituzioni statali. Come descritto da Alessandro Martire, rappresentante presso l’Alto Commissariato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite della tribù Lakota Sicangu, nel suo libro Nuovo Mondo. Errori, orrori e furori della colonizzazione delle Americhe, l’obiettivo era instillare “la vergogna nei giovani nativi verso la loro cultura, la loro storia, la loro famiglia, rendendo ridicole le loro usanze e la loro spiritualità attraverso quindi un vero e proprio ‘lavaggio del cervello’ effettuato al fine di spersonalizzare completamente il ragazzo. Non sono mancati casi di ripetuti abusi sessuali perpetrati da preti e suore delle Missioni nei confronti di bambine e bambini e in molti casi i bimbi morivano di stenti, si lasciavano morire o le malattie facevano il loro lavoro; in tali casi i corpicini dei nostri piccoli non venivano neppure restituiti ai genitori, ma sepolti in fosse comuni vicino alla missione stessa“.

Le scuse ufficiali di Papa Francesco rappresentano un forte segnale a livello simbolico il quale, tuttavia, non è ritenuto sufficiente da numerosi leader indigeni. Ciò che, di fatto, l’Assemblea delle Prime Nazioni domanda [3] al pontefice è l’ufficiale rinuncia alla Dottrina della Scoperta, principio giuridico internazionale ad oggi ancora in vigore che giustifica legalmente l’acquisizione, da parte dell’Europa, di vasti tratti di terra indigena. Retaggio del XV secolo, quando fu formulata all’interno delle bolle papali e successivamente giustificata e sviluppata da filosofi e studiosi occidentali come John Locke, si trova alla base di principi quali il terra nullius – ovvero “terra che non appartiene a nessuno”, in base al quale la sovranità su di un territorio non appartenente ad altri Stati può essere rivendicata semplicemente occupandolo -, i quali hanno di fatto privato i nativi dei loro diritti fondamentali, legalizzandone lo sfruttamento e la disumanizzazione.

Pur non avendo il potere di far revocare tale Dottrina, un intervento del Papa per richiederne l’abolizione avrebbe di certo un peso non indifferente. «La storia della Dottrina è la storia di come si può magicamente ottenere la terra di altre persone» ha dichiarato Harry LaForme, il primo giudice d’appello indigeno in Canada, dal 2018 in pensione: «basta emettere bolle papali».

[di Valeria Casolaro]