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Piacenza, arrestati sei sindacalisti di base: i lavoratori denunciano l’intimidazione

Nella mattinata del 19 luglio la Procura di Piacenza ha disposto sei arresti domiciliari nei confronti di altrettanti sindacalisti, tra i quali il coordinatore nazionale di SI Cobas Aldo Milani, tre dirigenti del medesimo sindacato – Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scannelli – e due di USB – Roberto Montanari e Abe Issa Mahmoud Elmoursi. Per altri due affiliati di USB sono state poi disposte misure cautelari alternative. I provvedimenti sono stati emessi in seguito agli esiti delle indagini della Digos, che riterrebbe di aver accertato l’esistenza di “associazioni a delinquere” che si arricchivano grazie alla creazione ad hoc di conflitti che permettevano di intascare “i proventi derivanti dalle sostanziose conciliazioni lavorative e dal tesseramento dei lavoratori”.

Secondo le indagini della Digos, infatti, l’elevato numero di picchettaggi e di azioni “apparentemente rivolte alla tutela dei lavoratori” nascondevano [1] “azioni delittuose finalizzate ad aumentare sia il conflitto con la parte datoriale sia tra le opposte sigle sindacali, al fine di aumentare il peso specifico dei rappresentanti sindacali all’interno del settore della logistica”. Secondo l’esito delle indagini, i dirigenti delle due sigle e i delegati avrebbero tratto guadagno monetario da tali operazioni. «Si tratta di un’inchiesta bizzarra, a nostro modo di vedere» dichiara a L’Indipendente Alaa Nasser, dirigente di USB Logistica del Nord Italia, «perché non torna la natura dell’impianto accusatorio: abbiamo più di 140 capi d’accusa, ci sono 50 pagine di preambolo del magistrato che descrive il perché di questa inchiesta, terminata dopo 6 anni di intercettazioni e utilizzo di risorse pubbliche. Apparentemente questo magistrato avrebbe costruito tutta una sua teoria su come noi utilizzavamo gli scioperi, i blocchi dei magazzini e via dicendo, per ottenere condizioni più favorevoli per i lavoratori e che a suo avviso non sarebbero previste dal contratto collettivo nazionale».

«Su questo abbiamo delle perplessità», continua Nasser: «Il magistrato sta dicendo che c’è un CCNL che va rispettato, ma fare delle azioni sindacali o di lotta “estorsive” – ovvero blocco il magazzino, faccio iscrivere più tesserati con me, sciopero e blocco la movimentazione di merce in ingresso e in uscita allo scopo di ottenere un misero buono pasto da 5,29 euro – per ottenere questi scopi non è consentito. Il magistrato sarebbe anche convinto del fatto che i nostri dirigenti hanno utilizzato i soldi delle tessere per scopi personali, cosa non vera. Non abbiamo nemmeno capito che legame avremmo con i SI Cobas, perché abbiamo modalità di protesta molto diverse». A preoccupare il sindacato, spiega Nasser, è la reazione delle istituzioni: «Non è tanto l’aspetto giuridico a preoccuparci, ma quello politico: sembra infatti si voglia dire che scioperare per ottenere condizioni lavorative migliori non è più una battaglia sindacale ma un’estorsione».

Tra i reati contestati vi sono l’associazione a delinquere, la violenza privata, la resistenza a pubblico ufficiale, il sabotaggio e l’interruzione di pubblico servizio, tutti commessi, secondo l’accusa, nel corso degli scioperi della logistica avvenuti tra il 2014 e il 2021. SI Cobas ha parlato di “attacco politico su larga scala contro il diritto di sciopero e soprattutto teso a mettere nei fatti fuori legge la contrattazione di secondo livello, quindi a eliminare definitivamente il sindacato di classe e conflittuale dai luoghi di lavoro”. Non è la prima volta che i due sindacati finiscono nel mirino delle forze dell’ordine: nell’aprile [2] di quest’anno nella sede nazionale di USB, a Roma, nel corso di una perquisizione dei carabinieri era venuta fuori una pistola in quella che, secondo i membri del sindacato, è stata una evidente “manipolazione”, mentre già nel 2021 Mohamed Arafat e Carlo Pallavicini, i due dirigenti SI Cobas, erano stati arrestati nel corso di una manifestazione contro la chiusura di uno stabilimento FedEx a Piacenza e accusati di violazione di edifici, violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. La misura era stata revocata dal Tribunale del Riesame.

I lavoratori del settore della logistica hanno iniziato alle 20 di martedì 19 luglio uno sciopero della durata di 24 ore in segno di protesta contro l’azione della polizia e di solidarietà per i colleghi. «La pandemia ed eventi come quello della nave cargo incagliata nel canale di Suez hanno mostrato quanto il settore della logistica, che non ha mai visto i sindacati confederati, sia fondamentale. Inoltre noi siamo gli unici sindacati che hanno avuto un impatto concreto in questo settore. Possibile che lo Stato non veda mai gli abusi delle aziende, ma se la prenda sempre solo con i lavoratori che protestano?». A questo proposito, alla fine dello scorso giugno è stato approvato un emendamento [3] al decreto PNRR 2 che riguarda proprio il settore della logistica integrata, eliminando la responsabilità del committente se la ditta fornitrice non paga i dipendenti e di fatto deregolamentando del tutto il settore. Con il risultato di limitare ulteriormente la possibilità dei lavoratori di tutelarsi dagli abusi delle aziende.

[di Valeria Casolaro]