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In memoria di Amedeo Ricucci, un vero giornalista

Un addio difficile per il mondo del giornalismo e per chi ha sempre cercato un’informazione onesta e impegnata. Si è spento all’età di 63 anni Amedeo Ricucci, giornalista che ha contribuito ad alimentare il fuoco di chi combatte con il potere delle parole. Pieno di coraggio e voglia di dare al mondo la possibilità di accedere alla verità, a costo di rischiare anche la propria vita, Ricucci è stato esempio di un modo di fare giornalismo sempre più raro ma assai travolgente. Per comprendere quanto quella di Amedeo Ricucci fosse una missione umana più che una professione, basta ripercorrere alcuni suoi pensieri:

“Per prendere in mano il proprio futuro non serve romanzare la propria vita professionale, pur di guadagnarsi qualche “grado” in più sulla spallina. Se c’è una cosa che rende insopportabilmente noiosi i ritrovi fra giornalisti (in particolare quelli fra inviati di guerra) sono i ricordi esibiti e sciorinati come un mantra, che diventano inevitabilmente delle pietose auto-celebrazioni. (…) Ricordo a me e a tutti che gli inviati di guerra della vecchia guarda, gli Ettore Mo, i Lucio Lami, i Valerio Pellizzari, i Mimmo Candito, il pronome personale “io” non l’hanno mai pronunciato, nemmeno in privato. Chapeau per tutti loro. Erano altri tempi, ma è il modo di lavorare a cui continuo ad ispirarmi”.

Amedeo Ricucci era malato da tempo ma continuava ancora a raccontare al mondo la contemporaneità, anche attraverso il blog [1] da egli creato, Ferri Vecchi. Anche la Rai ha reso omaggio [2] al giornalista calabrese, ricordando il periodo in cui Ricucci è stato inviato del TG1 e di alcuni dei programmi migliori dell’epoca in cui la televisione di Stato svolgeva certamente con più ambizione di oggi il ruolo di servizio pubblico: Professione Reporter, La Storia siamo noi, Mixer. Ricucci non ha semplicemente riportato notizie, ma è stato attivo protagonista di alcuni dei principali conflitti degli ultimi tempi. Amedeo Ricucci ha visto con i propri occhi le situazioni disperate in Algeria e in Kosovo, ha condiviso le esperienze vorticose vissute con rara sensibilità umana, seguendo anche i conflitti in Afghanistan e in Iraq. Dal sito Rai ricordano poi i momenti di pericolo ai quali Ricucci non ha mai detto di no, pur di portare avanti la promessa fatta a se stesso e al settore dell’informazione. Un esempio è quando nel 1994 il giornalista si trovava in Somalia con Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, entrambi finiti assassinati.

Purtroppo non è stata l’unica morte che Amedeo Ricucci ha vissuto in diretta, forse è per questo – anche – che riusciva a dare tanto valore alla vita e voce a chi non ha mai avuto il diritto di viverla liberalmente. Ricucci ha anche assistito al momento dell’uccisione di Raffaele Ciriello, fotografo del Corriere della Sera. Era il 2002 ed entrambi si trovavano nella città palestinese di Ramallah. Uomo profondamente consapevole dei propri “privilegi”, Ricucci ha spesso deciso di rinunciarvi. Il giornalista nato nel 1958 a Cetraro ha dedicato anima, cuore, tempo e alle volte anche la propria libertà per un mondo potesse essere più consapevole di ingiustizie e differenze, più sensibile alla vita che abbracci chiunque e non solo il proprio interesse. Nel 2013 Ricucci è anche stato prigioniero in Siria, sequestrato per undici giorni con altri tre giornalisti.

Prima di esperienze tanto profonde Ricucci aveva lavorato vivendo periodi di gavetta alle volte profondamente faticosi e ingiusti, proponendo articoli mai considerati ad alcune testate o pubblicandone con uno pseudonimo da donna per altre, perché sarebbe stato l’unico modo per diffondere alcuni articoli. Ormai giornalista affermato e anche se con i problemi dovuti dall’età, Ricucci non ha mai avuto la presunzione di “sentirsi arrivato” perché “non si arriva mai finché non c’è giustizia”. Così recentemente Ricucci aveva ripercorso il viaggio dei migranti dalle isole della Grecia fino a Vienna per raccontare veramente cosa voglia dire spostarsi in determinate condizioni, con un realismo alle volte violento ma assai utile per mostrare e dimostrare, così da provocare reazione e magari un cambiamento. Un road movie a tutti gli effetti, e non è stato l’unico che Ricucci ha girato. Ricucci collaborava poi anche per testate estere e indimenticabile è l’intervista per il Washington Post che il giornalista fece a un ex comandante dell’ISIS, in cui si palesa chiaramente ogni tassello dell’organizzazione.

Per chiunque intenda svolgere la professione giornalista con coraggio, correttezza deontologica e dando voce ai più deboli Amedeo Ricucci continuerà ad essere certamente una preziosa fonte d’ispirazione. Per la redazione de L’indipendente sarà certamente così.