- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Giudice ridà il lavoro alla psicologa non vaccinata: obbligo inutile e lesivo

Il Tribunale “sospende il provvedimento dell’ordine degli Psicologi della Toscana che vieta alla dott.ssa di esercitare la professione di psicologa fino alla sua sottoposizione al trattamento sanitario iniettivo contro il SARS-CoV-2, autorizzando quindi l’esercizio della professione senza sottoposizione allo stesso” ed “in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stregua dei colleghi vaccinati”. È quanto ha stabilito, tramite un provvedimento [1] cautelare, il giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Firenze, Susanna Zanda, relativamente al caso di una psicologa che nell’ottobre del 2021 era stata sospesa dall’ordine della Toscana poiché non vaccinata. La decisione del giudice – arrivata in seguito al ricorso con cui la psicologa aveva appunto chiesto la sospensione del provvedimento preso nei suoi confronti per mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale – è stata fondata su tutta una serie di motivi in base ai quali l’obbligo è sostanzialmente stato ritenuto non adatto al suo fine oltre che lesivo della dignità della persona.

Riguardo quest’ultimo punto, nel provvedimento si legge infatti che “la sospensione dall’esercizio della professione rischia di compromettere beni primari dell’individuo quale il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro” – di cui all’art. 4 della Costituzione –  inteso come “espressione della libertà della persona e della sua dignità”. In tal senso, inoltre, il giudice aggiunge che “tale libertà e diritto al lavoro, acquisito per nascita in base all’art. 4 Cost, viene in questo caso inammissibilmente ‘concesso’ dall’Ordine di appartenenza previa sottoposizione ad un trattamento iniettivo Sars Cov 2, in base al DL 44/21″.

Si parla di concessione inammissibile, però, a quanto pare proprio poiché il fine perseguito con lo stesso DL 44/21 non può essere raggiunto. “Tale decreto legge convertito in legge si propone lo scopo di impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario”, tuttavia “questo scopo è irraggiungibile perché sono gli stessi report di Aifa ad affermarlo”, sottolinea infatti il giudice, aggiungendo che “i report di Aifa sia coevi alla sospensione della dott.ssa che quelli più recenti di gennaio e maggio 2022, e ancor più i report di istituti di vigilanza europei come Euromomo oppure Eudravigilance, riportano un fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi”.

Si passa poi al possibile contrasto con la Costituzione, in riferimento al quale si legge tra l’altro che “l’art. 32 Cost e coerentemente le varie convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia vietano l’imposizione di trattamenti sanitari senza il consenso dell’interessato perché ne verrebbe lesa la sua dignità”, che “il consenso deve essere libero e informato e in questo caso la dott.ssa non intende legittimamente prestarlo” e che “l’obbligo vaccinale imposto per poter lavorare viola ictu oculi” – ossia a colpo d’occhio – “gli artt. 4, 32 e 36 Cost”.  In tal senso, sottolinea inoltre il giudice, “allo Stato e a tutti i suoi apparati centrali e periferici (come anche gli ordini professionali)” non è permesso di “imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell’interessato”: consenso che tra l’altro non può essere considerato informato “allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è, come in questo caso, coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto ‘militare'”.

Sono questi dunque molti dei motivi per cui il giudice ha deciso di ridare il lavoro alla psicologa, da effettuare in qualsiasi modalità proprio come avviene per i colleghi vaccinati: la condizione del soggetto vaccinato, d’altronde, “non è dissimile da quello non vaccinato perché entrambi possono infettarsi, sviluppare la malattia e trasmettere il contagio”. Si tratta quindi di un pronunciamento molto netto nei toni, che tuttavia – va ricordato – non rappresenta una decisione definitiva. Come anticipato, infatti, si tratta di un provvedimento cautelare, ovverosia di un provvedimento temporaneo emanato con lo scopo di tutelare nell’immediato le ragioni della parte ricorrente che potrebbe subire un danno nell’attesa di una decisione definitiva, la quale potrebbe però anche giungere a conclusioni differenti. Per questo, dunque, il giudice ha fissato “per la conferma, la modifica o la revoca del provvedimento in contraddittorio l’udienza del 15 settembre 2022 alle ore 10.00”.

[di Raffaele De Luca]