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Allianz avverte le aziende: “rischio di tumulti in tutto il mondo”

Secondo la compagnia di assicurazioni Allianz, le aziende devono prepararsi ad un incremento dei disordini sociali in tutto il mondo, a causa dell’aumento del costo della vita che segue la già pesante crisi scatenata dalla pandemia di Covid 19. È quanto emerge da un rapporto redatto il mese scorso dalla compagnia leader mondiale nel settore assicurativo-finanziario: il colosso è preoccupato, infatti, dalle ripercussioni che la crisi economica – causata dalla gestione della pandemia, prima, e dalla guerra in Ucraina, dopo – può avere in termini di scontri sociali. Quest’ultimi, oltre a colpire i profitti delle imprese, possono comportare danni materiali ingenti agli edifici commerciali e governativi, alle infrastrutture di trasporto, alle catene di approvvigionamento, oltreché interruzioni delle attività. Così, Allianz ha messo le mani avanti, premurandosi di suggerire alle imprese come minimizzare i danni e porsi al riparo da circostanze che appaiono sempre più concrete e destinate ad aumentare a livello globale.

Secondo le previsioni del FMI, infatti, l’aumento dell’inflazione è un «pericolo chiaro e presente», su cui è necessario intervenire per evitare che molti Paesi debbano affrontare il dramma della carestia. Kristalina Georgieva, capo del FMI, ha dichiarato che «l’alternativa è terribile: più fame, più povertà e più disordini sociali, soprattutto per i paesi che hanno lottato per sfuggire alla fragilità e ai conflitti per molti anni». Tuttavia, non si può attribuire tutto esclusivamente alle circostanze negative che hanno caratterizzato gli ultimi due anni e mezzo: gli scompensi sociali si erano manifestati ampiamente già a partire dalla crisi del 2008 e secondo l’Indice di Pace Globale [1], manifestazioni, scioperi e rivolte sono aumentati del 244% tra il 2011 e il 2019.

Il rapporto di Allianz [2] specifica che le proteste sono destinate ad aumentare ulteriormente in tutto il mondo e che quelle recenti hanno già comportato danni economici e assicurativi notevoli: si evidenzia, infatti, che nel 2018, il movimento dei gilet gialli in Francia ha provocato perdite di 1,1 miliardo di dollari per i rivenditori francesi, mentre in Cile “manifestazioni su larga scala sono state innescate da un aumento delle tariffe della metropolitana, che ha portato a danni assicurativi di 3 miliardi [3] di dollari”. A causa dell’aumento del costo della vita e del malcontento generale provocato dalla gestione dell’emergenza sanitaria, il quadro è destinato a peggiorare: le rimostranze, però, non vengono attribuite alla cattiva gestione dei governi o a impianti macroeconomici disfunzionali come quello liberista o, ancora, alla deregolamentazione del sistema finanziario che innesca crisi cicliche e sistemiche, bensì ai social network e alla disinformazione che hanno consentito il diffondersi delle cosiddette “teorie cospirazioniste”.

Nel rapporto in questione si legge, infatti, che “La natura in gran parte non regolamentata dei social media ha consentito alla disinformazione di diffondersi incontrollata, fornendo una piattaforma per i teorici della cospirazione e uno sfogo per i risentimenti. Queste rimostranze erano incentrate su tre aree principali: sentimento anti-vaccinazione e libertà civili; sfiducia nel governo e preoccupazione per il superamento del governo; difficoltà economiche”. La preoccupazione delle compagnie assicurative, dunque, non è quella di sollecitare i governi a risolvere i gravi problemi strutturali che affliggono, a livelli e in modi differenti, la società globale nel suo complesso suggerendo soluzioni, bensì semplicemente quella di regolamentare (o meglio censurare) maggiormente i social network affinché non diventino strumenti di aggregazione e organizzazione delle proteste. Quest’ultime, del resto, vanno assolutamente evitate al fine di non danneggiare il business e i profitti di aziende, multinazionali e compagnie assicurative.

Ancora una volta, dunque, l’unico obiettivo è quello di salvaguardare il profitto: a tal fine, Allianz suggerisce alle aziende di “rivedere le proprie polizze assicurative in caso di aumento dell’attività locale e aggiornare i propri piani di emergenza aziendale”, aggiungendo che “Le polizze immobiliari possono coprire in alcuni casi rivendicazioni politiche, ma gli assicuratori offrono una copertura specialistica per mitigare l’impatto di scioperi, rivolte e disordini civili (SRCC)”. Secondo Srdjan Todorovic, capo del “Crisis Management” presso Allianz, infatti, «I disordini civili rappresentano ormai un’esposizione più critica per le aziende rispetto al terrorismo». Di conseguenza, l’attività delle assicurazioni si sta orientando sempre di più in questa direzione, in quanto gli sconvolgimenti politico-economici modellano [3] anche il settore assicurativo e aziendale.

Tuttavia, nulla viene suggerito per cercare di risolvere i problemi alla radice: l’obiettivo pare piuttosto quello di minimizzare il più possibile le perdite nel breve-medio termine, adducendo la responsabilità dell’insofferenza generale alle piattaforme social e alla disinformazione. Senza considerare che, se non viene risolto o mitigato, nel lungo periodo un eventuale aumento della povertà diffusa non potrà che arrecare ulteriori perdite alle aziende e alle multinazionali e, di conseguenza, anche al settore assicurativo. Secondo Todorovic, l’incidenza dei disordini sociali non è destinata a scendere e per questo si registra un crescente interesse verso la copertura specialistica per la violenza politica.

Il che lascia presagire tempi di incertezza e di grave instabilità che nessuna istituzione politica nazionale o internazionale sta davvero cercando di contrastare: così, compagnie assicurative e multinazionali cercano di salvare il salvabile, ignorando il ruolo determinante dei governi – coi quali spesso vanno a braccetto – nella crisi e scaricando le responsabilità delle circostanze sulle “notizie false”, sui leader politici considerati “populisti” e, da ultimo, sulle teorie cospirazioniste.

[di Giorgia Audiello]