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Elon Musk cerca di mollare Twitter, che cerca di fare causa a Musk

Dopo mesi di commenti al vetriolo, venerdì il multimiliardario Elon Musk ha deciso di rinunciare all’acquisizione di Twitter, quindi sono stati coinvolti gli avvocati e la Securities and Exchange Commission (SEC) perché il contratto firmato possa essere infine invalidato. Pronto ad avviare la causa per far rispettare all’imprenditore gli accordi presi, il social chiede ora ai suoi dipendenti di non commentare lo stato delle cose sui loro profili online.

Facendo riferimento alle carte depositate [1] in tribunale, Musk accusa Twitter di essere colpevole di “violazioni materiali” che di fatto inficherebbero i patti concordati per l’acquisizione. Si parla degli ormai famosi bot [2] che alimentano il portale con profili fasulli, ma anche del fatto che la claudicante azienda stia, in un modo o nell’altro, perdendo per strada dirigenti e dipendenti. L’idea di base è che, al momento della discussione d’acquisto, Twitter abbia ventilato a Musk una realtà molto edulcorata che non rispetta le dinamiche che alimentano nei fatti le sue prospettive imprenditoriali. 

La solidità di questa posizione sarà certamente messa alla prova da una battaglia legale che minaccia di durare molteplici anni, tuttavia la situazione di partenza sembra favorire il social, il quale si è tutelato con un contratto ferreo che potrebbe obbligare il miliardario con la forza a concretizzare gli impegni presi. Per assicurarsi i 44 miliardi di dollari che sono in ballo nell’equazione, Twitter sta pertanto pianificando di muovere causa a Musk, dando vita a una situazione estremamente delicata in cui ogni cosa detta potrà essere adoperata come arma da sfruttare in tribunale.

“Tenendo conto delle questioni giudiziarie attualmente in corso”, ha scritto l’azienda in una nota interna intercettata da The Verge [3], “dovreste evitare di twittare, usare Slack o condividere qualsiasi commento a proposito dell’accordo di fusione. Continueremo a condividere informazioni quando ne avremo l’occasione, ma vi chiediamo la cortesia di prendere atto che queste saranno fortemente limitate in base a quanto sarà noi possibile condividere”.

La richiesta – che formalmente non è un’imposizione – prende in considerazione il fatto che i risultati di molte delle cause recenti alle cosiddette Big Tech siano stati determinati da cavilli, inesattezze procedurali e dettagli minori, tutti elementi che potrebbero tranquillamente scaturire da qualche opinionismo internettiano eccessivamente incauto. Stando alle prime indiscrezioni, ai due lati del tribunale siederanno peraltro due calibri molto pesanti pronti a tutto: Musk si appoggerà alla Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, mentre il social, suggeriscono le voci di corridoio, si sarebbe avvicinato alla Wachtell, Lipton, Rosen & Katz. 

Ambo gli studi legali sono abbastanza imponenti e agguerriti da meritarsi proprie pagine Wikipedia personali, quindi è facile intuire si stia per entrare in un campo di battaglia a dir poco sanguinoso. Allo stesso tempo persiste l’idea che quest’ultimo intervento legale non sia altro che un bluff, uno stratagemma di Musk per rinegoziare la portata finanziaria di un contratto da cui è estremamente difficile slegarsi. Il miliardario avrebbe avuto occasione per chiarire la questione lo scorso sabato, in occasione di una conferenza al fianco di Sam Altman, CEO di OpenAI, tuttavia l’uomo si è adamantinamente rifiutato di rispondere ai quesiti dei giornalisti sull’argomento.

[di Walter Ferri]