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Non si ferma la protesta dei tassisti contro la riforma del governo Draghi

Ha preso il via nella mattina di ieri 5 luglio lo sciopero di 48 ore dei tassisti di tutta Italia, al quale hanno aderito quasi tutte le sigle sindacali. La protesta riguarda l’art. 10 del ddl Concorrenza, che determina la deregolamentazione del settore e che per tale motivo i tassisti vogliono sia del tutto abolito. Il governo, tuttavia, ha chiaramente mostrato di non voler nemmeno prendere in considerazione questa opzione. Ieri vi sono stati cortei a Milano e Roma, dove i manifestanti si sono scontrati con la polizia, mentre oggi la protesta sarà estesa ad altre città.

L’art. 10 del ddl Concorrenza prevede “l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti” e “la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati”. Come in altri Paesi europei, dunque, quali Francia, Spagna e Germania – nei quali pure vi sono state dure proteste -, verrebbero in questo modo introdotte senza limitazioni app per gli spostamenti su ruota quali per esempio Uber, liberalizzando completamente il settore e ponendolo nelle mani delle multinazionali.

A detta del governo il provvedimento sarebbe stato richiesto come condizione dall’Unione europea al fine di poter ottenere i fondi del Pnrr. L’ultimo confronto tra i sindacati e il ministero per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili si è svolto lunedì [1] 4 luglio e non ha avuto buon esito: la viceministra Teresa Bellanova (Italia Viva) ha infatti dichiarato che non vi è alcuna intenzione di cancellare o modificare l’art. 10, ma che il governo è comunque [2] «disponibile a portare avanti il confronto per chiarire meglio e puntualizzare». La viceministra ha poi precisato che l’intenzione sarebbe quella di distinguere «il ricorso alle piattaforme di intermediazione da quelle di interconnessione», in quanto «Le prime sono gestite da altri soggetti a pagamento, le seconde sono quelle che oggi usano anche molti tassisti. Nel momento in cui c’è la distinzione c’è anche la possibilità, per i tassisti, di aderire a una o a tutte e due le piattaforme, ma questo non può essere impedito. Si tratta di una maggiore efficienza per la categoria e una maggiore disponibilità per l’utenza». Come sottolinea Nicola Di Giacobbe di Unica Cgil taxi, tuttavia, «Il tentativo che c’è dietro questa delega è dare in mano questo servizio alle multinazionali, fonte dello sfruttamento del lavoro altrui. Il governo ci pone la richiesta di una delega che rimandiamo al mittente. Siamo pronti a venire a un tavolo di concertazione per migliorare il servizio ma diciamo no alla legge delega».

A Roma ieri mattina i manifestanti si sono trovati [3] in piazza della Repubblica per dare il via ad un corteo che ha sfilato per le vie della città fino ad arrivare in piazza Venezia, recando striscioni quali “Draghi, non te lo chiede l’Europa, te lo chiede Uber”. Arrivati di fronte alla sede del governo di Palazzo Chigi i manifestanti sono riusciti per qualche minuto a forzare i blocchi della polizia, che è poi riuscita a farli arretrare verso la Galleria Alberto Sordi. Da lì i tassisti hanno iniziato a lanciare fumogeni in direzione di piazza Colonna e a intonare cori contro il premier Draghi, assente perché in Turchia per incontrare Erdogan. A Milano alcune categorie arrivano a un tasso di adesione del 100%, garantendo solamente le corse del servizio sociale quali per esempio il trasferimento di persone fragili in ospedale. Le mobilitazioni proseguono oggi, con manifestazioni e cortei previsti in tutte le principali piazze italiane.

[di Valeria Casolaro]