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La relazione del Governo apre alla depenalizzazione delle droghe

Il 28 giugno scorso il ministro per le Politiche giovanili Fabiana Dadone ha trasmesso alle Camere la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. La relazione, che analizza il fenomeno nella sua totalità – mercato degli stupefacenti, diffusione e tendenze di consumo nella popolazione, conseguenze dell’uso di sostanze e attività del Dipartimento in materia -, propone una completa revisione delle norme che sanzionano le persone che fanno uso di droghe, per superare l’approccio basato sulla repressione e favorire un modello di “governo e regolazione sociale” del fenomeno.

Le indicazioni operative contenute nella Relazione [1] prendono spunto da quanto emerso nel corso della VI Conferenza Nazionale sulle Dipendenze, conclusasi a Genova il 27 e 28 novembre 2021, a 12 anni dalla sua ultima edizione. Quanto emerso ha mostrato la necessità di un cambio di paradigma completo nell’approccio alle tossicodipendenze e ai soggetti che ne fanno abuso, visto il fallimento del sistema repressivo nel contenere il fenomeno. Il primo punto da mettere in atto, secondo la relazione, è quindi il superamento dello stigma nei confronti delle persone tossicodipendenti, attraverso la modifica del linguaggio usato nel parlare di soggetti che abusano di sostanze e campagne informative all’interno delle scuole e nelle famiglie.

Parallelamente a questo passo, che prevede quindi un sostanziale cambio di prospettiva nell’approccio umano alle persone con problemi di dipendenza, è necessario, secondo la Relazione, promuovere la depenalizzazione del fenomeno, “intesa come necessità di rivedere le norme che prevedono sanzioni penali e amministrative a carico di persone che usano droghe” e “rivedere la legge attuale passando dal modello repressivo a un modello di governo e regolazione sociale del fenomeno e sottrarre all’azione penale alcune condotte illecite, contemplate dall’Art.73, rivedendo, contestualmente l’impianto sanzionatorio ed escludendo l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza”. Una delle necessità [2] primarie emerse dai Tavoli di lavoro, in particolare, è quella di ripensare l’azione penale nei confronti della coltivazione di cannabis a uso domestico e della cessione di quantità modeste per uso di gruppo quando questa non ha la finalità di guadagno.

Con il progressivo allentarsi delle restrizioni alla mobilità imposte nel corso del 2020 per via della pandemia da Covid-19, la produzione e la circolazione di sostanze psicoattive è tornata nel 2021 a livelli prepandemici, secondo quanto rilevato dall’analisi delle acque reflue all’interno dei contesti urbani. I modelli di consumo e sviluppo si sono anzi fatti sempre più complessi, complice la digitalizzazione del mercato. Ciò è confermato anche dal dato relativo ai sequestri e al numero di operazioni antidroga, che “delinea uno scenario di significativa ripartenza del narcotraffico”, sottolinea il documento. Va sottolineato, nell’ambito delle conclusioni della Relazione, che il 35% della popolazione carceraria è costituito da detenuti per reati legati allo spaccio (art. 73 e 74 DPR 309/90).

[di Valeria Casolaro]