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Una recensione immaginaria

Un editore che stimo molto, La barca di Caronte, mi ha inviato l’ultimo libro di Robert Ponti, un americano che insegna Mondi futuribili alla Stanford University. Il libro si intitola Il cosmo che non mi piace. Intrigante la trama. Si parte dai Sei giorni della creazione di sant’Ambrogio vescovo, quarto secolo dopo Cristo, praticamente la traduzione dal greco dell’opera di Basilio di Cesarea, da cui il Ponti ricava l’idea della armonia universale, una concezione secondo lui precorritrice della globalizzazione economica, purché la dizione harmonia mundi venga sostituita da controllo cosmico.

Poi l’autore si sposta a citare dalla Naturalis historia di Plinio il Vecchio, per dimostrare che già nell’antico mondo romano l’essere umano poteva avvalersi di rimedi naturali nel caso di diffusione catastrofica di morbi, ma il Ponti asserisce che il vero, insuperabile rimedio consiste nella progettazione di malanni che mettano a dura prova il sistema immunitario, quello che Plinio chiamava l’exercitus salutaris.

Lo scienziato americano dà il meglio di sé, a mio parere, quando riconosce nell’Umanesimo neoplatonico il vertice dell’intelligenza di un cosmo unico e interdipendente e in Marsilio Ficino l’artefice di una filosofia di sintesi tra cielo e terra. E da lì parte per dire che è sempre più necessario il controllo delle Università, generatesi dal pensiero rinascimentale ma diventate purtroppo luoghi di pluralismo contraddittorio.

Ecco poi l’elogio di Giordano Bruno e del suo pensiero globalizzante, dove il Tutto universale e l’Uno divino coincidono. Ma il Ponti critica il Bruno per non aver individuato in una potenza militare armata la difenditrice di tale eccelso principio.

Viene poi il Ponti a celebrare Diderot e D’Alembert per la Encyclopédie francese di fine Settecento, dove la Ragione è la via per la vera e universale conoscenza di tutto ciò che l’umanità ha creato. Ma lo scrittore è perplesso perché i due non mostravano la giusta fiducia nei governanti che in fondo, come nell’antica Grecia, sono depositari incontestabili del bene per il popolo.

L’autore si spinge poi in suggestive ipotesi sulla fine della comunicazione in una rapida carrellata dalla invenzione del telegrafo e del francobollo sino ai voli intercontinentali di consegna della posta. Ormai, sostiene Ponti, la comunicazione è diventata inutile perché il mondo è del tutto incomprensibile e, per capirlo, non c’è altro sistema che dare a lui sempre ragione, cominciando a consegnargli proprietà materiali e intellettuali, proponendosi egli come l’amministratore dell’unica società mondialista che ha i requisiti per esistere, ovvero la Robert Ponti Industry for Health, Welfare, Brotherhood and Prosperity.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]