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In Sardegna l’eolico è un business senza regole, i cittadini si mobilitano per fermarlo

In Sardegna è iniziata la corsa all’eolico: sono diverse le compagnie che hanno depositato in varie Capitanerie di porto dell’isola richieste per le concessioni demaniali quarantennali per la realizzazione di parchi eolici marittimi. Si tratta di centinaia di pale che potrebbero in alcuni casi superare i 300 metri di altezza, situate a una distanza dalla costa tra le 4 e le 32 miglia. Non vi è un piano nazionale che indichi le zone idonee in cui realizzarli né sono stati effettuati studi sull’impatto ambientale degli interventi, tuttavia, secondo i protocolli delle Capitanerie di porto, sono disponibili soli 30 giorni di tempo per presentare opposizioni ai progetti. Mentre la Regione e il Ministero dell’Ambiente tacciono su quanto sta avvenendo, i cittadini sardi si sono già organizzati per cercare di impedire che la loro isola subisca un potenziale disastro ecologico e turistico.

I parchi eolici marittimi potrebbero sorgere in numerosi punti, da nord a sud dell’isola. Tuttavia, come ha sottolineato la sindaca di San Teodoro in un articolo di Andrea Sparaciari pubblicato oggi su Il Fatto Quotidiano, «l’energia non andrà ai sardi, che non saranno nemmeno indennizzati per il loro sacrificio». A largo di San Teodoro, in piena Gallura, il progetto di impiantare 65 pale eoliche è della società Tibula energia [1]. Le pale sorgeranno in 3 milioni e 182 mila metri quadri di mare tra Olbia e Siniscola e avrebbero una potenza totale di 975 megawatt, sufficienti per un milione di persone, ma tutta la produzione verrà inviata in Sicilia. L’azienda appartiene per metà a Falck Renewables, di proprietà della multinazionale americana JP Morgan, e per metà alla spagnola Bluefloat Energy International. Il direttore generale, la russa Ksenia Balanda, aveva assicurato che nessun progetto sarebbe stato depositato prima della metà del 2023, promessa infranta un mese fa, rendendo di fatto impossibile la preparazione di opposizioni al progetto in soli 30 giorni.

Vi è poi la Zefiro Vento s.r.l., parte della Copenaghen Energy [2], la quale ha presentato alla Capitaneria di Olbia un progetto – nello stesso giorno della sua costituzione alla Camera di Commercio di Milano – del valore di 9 miliardi e 876 milioni per la realizzazione di 210 pale eoliche da 15 megawatt ciascuna, in una porzione di mare di 1,7 milioni [3] di metri quadri. La potenza totale prodotta, pari a 3150 megawatt, corrisponderebbe a oltre il doppio di quella prodotta dalle centrali di Porto Torres e Portovesme. Il progetto presentato prevede che, qualora il mercato lo consenta – senza, quindi, alcuna preoccupazione per l’eventuale danno ambientale o paesaggistico – il proponente possa  «adottare scelte tecnologiche differenti, installando turbine con potenza nominale fino 25 MW, diametro del rotore fino a 320 m, altezza al mozzo fino a 225 m e altezza massima fino a 385 metri». Il parco eolico sorgerebbe inoltre nel mezzo delle rotte di navi cargo e passeggeri che ogni anno trasportano merci e turisti verso l’isola.

Come riferito a Sparaciari da Carlo Deliperi, dell’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico, «Qui siamo in assenza di qualsiasi pianificazione e quantificazione dell’energia utilizzabile. Il Ministero dovrebbe bloccare tutte le richieste, pianificare le aree per la produzione eolica a mare a livello nazionale e, solo dopo, mettere i siti a bando. Così da far guadagnare la collettività, non gli speculatori». Le zone della Sardegna che verranno toccate sono ancora molte: aziende quali Repower, Nora Ventu, Ichnusa Wind Power e Seawind Italia si spartiranno i mari al largo delle spiagge da Cagliari a Sant’Antioco, passando per Capo Teulada e vari punti della costa sulcitana. I cittadini sardi non si sono però dati per vinti: su Facebook [4] e Telegram è infatti già nata l’iniziativa NO Furto eolico in Sardegna!, la quale si propone di presentare migliaia di opposizioni scritte alle Capitanerie di porto prima della scadenza del 30 giugno, per cercare di impedire “un immane furto e disastro ecologico e turistico che durerà 40 anni”.

[di Valeria Casolaro]