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Il G7 doveva parlare di crisi alimentare, ma ha deciso solo di inviare più armi a Kiev

Si è appena concluso il 47° vertice G7 della storia, l’incontro che unisce i rappresentanti di America del Nord, Giappone e parte dell’Europa per ribadire la loro coesione, in questo caso rivolta totalmente alla questione del conflitto in Ucraina. Innanzitutto, i leader occidentali riunitisi in Baviera hanno riaffermato [1] la condanna «alla brutale, ingiustificabile e illegale guerra mossa contro l’Ucraina dalla Russia, con il supporto della Bielorussia», manifestando la volontà di continuare sulla linea delle sanzioni a Mosca e dell’invio di equipaggiamenti militari a Kiev. Non sono state presentate, invece, misure o piani alternativi a quello delle Nazioni Unite, in discussione da settimane, per evitare che la crisi alimentare dovuta ai mancati approvvigionamenti ucraini e russi in decine di paesi nel mondo possa causare milioni di vittime. Una questione evidentemente troppo distante dagli interessi immediati dei grandi della Terra.

Sul punto, come di consueto, tante parole e nessuna azione concreta. Al termine del G7, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha citato le parole del segretario generale ONU António Guterres: «siamo ormai vicini al momento della verità per capire se l’Ucraina e la Russia vorranno sottoscrivere l’accordo che permetterà al grano di uscire dai porti». Si tratta del piano avanzato dalle Nazioni Unite in discussione da settimane, che prevede la gestione congiunta da parte di Turchia, Russia, Ucraina e ONU delle operazioni di entrata e uscita dai porti ucraini. Nello specifico, le Nazioni Unite dovrebbero controllare e ispezionare le navi provenienti dall’estero, mentre Ankara dovrebbe scortare le navi nel Maro Nero. Ma le incognite sono tante: innanzitutto il parere favorevole di Kiev e Mosca, a cui si aggiungono poi le condizioni del grano contenuto nei silos da mesi. Ulteriori ritardi eliminerebbero ogni dubbio sull’utilizzabilità dei prodotti alimentari destinati a decine di paesi nel mondo. Dunque, non aver formulato un piano alternativo per la risoluzione di questa crisi, soprattutto alla luce delle riserve espresse dai paesi coinvolti, non può che rappresentare una sconfitta per il G7 e un pericolo per milioni di persone, soprattutto in Africa e in Medio Oriente.

Gli attori del vertice sono parsi decisamente più interessati a parlare di armi e aiuti militari. «Continueremo a coordinare gli sforzi per soddisfare le urgenti esigenze di Kiev in termini di equipaggiamento militare e di difesa», hanno dichiarato congiuntamente i leader occidentali al termine dell’incontro di tre giorni a cui farà seguito il vertice NATO di Madrid. Oltre alla fornitura di materiale bellico, verranno rinnovati l’addestramento e il supporto logistico, di intelligence ed economico nei confronti delle forze armate ucraine. Spazio poi alle sanzioni nei confronti di Mosca, «il cui impatto si aggraverà nel tempo», al centro del “default” che in queste ore sta riguardando [2] la Russia in un contesto di disinformazione da parte della stampa occidentale. «Tutti i leader concordano sulla necessità di limitare i finanziamenti a Putin, ma anche di rimuovere la cause dell’inflazione. Abbiamo dato mandato con urgenza ai ministri su come applicare un price cap sul gas e sul petrolio. La stessa Unione europea accelererà nei prossimi giorni il suo lavoro sul tetto al prezzo del gas», ha dichiarato Mario Draghi in conferenza stampa a Elmau alla fine del G7. Ribaditi, infine, gli obiettivi di collaborazione con la Cina – invitata a fare pressione sulla Russia affinché cessi la sua aggressione militare e ritiri immediatamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina – e di ricostruzione del territorio ucraino, per cui l’Italia rivestirà un ruolo fondamentale alla luce del recente accordo tra Confindustria e il presidente Zelensky.

[di Salvatore Toscano]