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La telepatia buona è quella del partito

Si annuncia uno strepitoso futuro, dove sarà possibile il contatto wireless tra macchina e cervello umano. Tu pensi una cosa e la macchina, senza cavi, senza tastiera, senza senza, esegue fedelmente i tuoi desiderata. Ma l’equalizzatore progressista ha in mente altro, esattamente l’inverso, cioè l’uomo che obbedisce alla macchina e fa quello che altri hanno deciso per lui.

Quella messa peggio è la telepatia, bistrattata per decenni dagli scienziati puri e duri, ritenuta di appannaggio soltanto di fattucchiere e/o di soggetti super dotati, derisa come una magia, riabilitata, con fare benevolo, qualche volta da Piero Angela che spiegava quali ne potrebbero essere occasionalmente le basi scientifiche.

Ora la telepatia, di cui i Boscimani australiani sono maestri indiscussi, come ricordava Chatwin, torna alla ribalta sulla scena di una visione futuribile dove il futuro non esiste più, preconizzato dalla macchina infernale che non fa soltanto previsioni atmosferiche o astrologiche ma si infiltra nel nostro libero arbitrio.

Si tratta di una telepatia di controllo, una specie di processo alle intenzioni che espande i dati della tua carta d’identità, definendoti come un soggetto capace di. Tipo diagnosi da clinica psichiatrica di fine Ottocento.

Cosa ce ne facciamo realmente di automatizzare il flusso temporale e decisionale?

Alla lunga rimarrebbe davvero soltanto la follia come extrema ratio. Una follia però benevola, inoffensiva, artistica, sorridente, mille miglia lontana dalla becera telepatia di regime.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]