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L’Uganda scopre ingenti riserve di oro e petrolio, e vuole nazionalizzarle

Nuovi e ricchi giacimenti minerari di oro sono stati trovati in Uganda. Il Presidente della Repubblica, Yoweri Museveni, in carica dal 1986, ha annunciato la scoperta durante il discorso sullo stato della nazione. Il volume delle riserve è stimato in 31 milioni di tonnellate di minerale d’oro. Annunciato, inoltre, l’inizio della massiccia trasformazione dell’oro in patria in modo che non sia più venduto, nella gran parte, allo stato grezzo. Un obiettivo con il quale il Paese punta ad aumentare i propri introiti, senza lasciare il business della raffinazione in mano alle industrie straniere.

Il portavoce del Ministro dell’Energia e dello Sviluppo Minerario, Solomon Muyita, ha riferito [1] che le nuove scoperte di giacimenti di oro riguardano Busia e Karamoja, nell’Uganda orientale, oltre a Kameleng, Kisita e Ngugo, nella regione centrale, e l’area di Tiira di Bushenyi nell’Uganda occidentale. Le stime del governo parlano di un volume totale di 31 milioni di tonnellate di minerale d’oro, con circa 320.000 tonnellate nette di oro puro, per un valore di circa 120 miliardi di dollari. Negli ultimi due anni l’esplorazione aerea è stata fatta in tutto il Paese, con indagini e analisi geofisiche e geochimiche, ha spiegato Muyita.

In occasione dell’annuncio pubblico, il Presidente Museveni ha dichiarato che il tempo per l’Uganda di spedire esportazioni non trasformate è finito e che il Paese deve incrementare enormemente la raffinazione locale, aumentando quindi il valore delle esportazioni. Durante la dichiarazione ha citato le sei raffinerie d’oro locali, tra cui l’Africa Gold Refinery che gli Stati Uniti hanno sanzionato a marzo scorso per la “fonte illecita” del suo oro. Il governo del presidente Yoweri Museveni ha cercato di aumentare gli investimenti nell’estrazione mineraria di oro, rame, ferro, cobalto e fosfati. All’inizio di quest’anno, il Parlamento ha promulgato una nuova legge [2] per il settore minerario che, una volta firmata dal Presidente, aprirà la strada alla creazione di una società mineraria statale. La legge prevede che la società statale acquisirà obbligatoriamente una partecipazione del 15% in ogni operazione mineraria nel Paese e gli investitori saranno tenuti a firmare un accordo di condivisione della produzione con il governo.

Muyita, portavoce del Ministro dell’Energia e dello Sviluppo Minerario, ha detto che una società cinese, Wagagai Mining si aspetta, entro la fine di quest’anno, di estrarre e iniziare a raffinare almeno 5.000 chilogrammi di oro al giorno a Busia. Wagagai Mining, nel marzo scorso [3], ha ottenuto una concessione della durata di 21 anni. L’azienda cinese ha già investito 200 milioni di dollari in infrastrutture utili all’estrazione del minerale d’oro. Non è dato sapere se anche l’accordo siglato da Wagagai Mining sarà sottoposto alla nuova legge ugandese.

Se i calcoli risulteranno accurati, la scoperta di giacimenti petroliferi avvenuta nel Paese non molto tempo fa risulterà essere poca cosa a confronto con le nuove scoperte in campo minerario. Comunque sia, dal 2025, l’Uganda inizierà anche l’estrazione di petrolio. Fondamentale per l’esportazione del greggio ugandese sarà l’oleodotto chiamato Eacop (East African crude oil project pipeline) che permetterebbe all’oro nero di arrivare sulle coste della Tanzania, quindi all’Oceano Indiano. Una volta terminato, Eacop sarà una potenziale bomba ecologica lunga 1.400 chilometri che attraverserà riserve naturali e costeggerà vari laghi, tra cui il più grande e importante, il lago Vittoria. Attraverso SACE, l’agenzia pubblica italiana per il credito all’esportazione, l’Italia [4], in barba a tutti i vuoti proclami “green”, assicura il progetto dell’oleodotto. Tra i finanziatori del progetto troviamo Total, China National Offshore Oil Corporation, Uganda National Pipeline Company, Tanzania Petroleum Development Corporation.

In conclusione, una nota a margine. Lo scorso 15 giugno [5], durante una visita del Presidente Museveni presso la base aerea di Entebbe, sono stati ripresi tre elicotteri Mi-28NE (Codice NATO “Havoc”) di recente fabbricazione russa. Non è ancora chiaro quanti Mi-28 NE siano stati acquistati dall’Uganda e quando sia stato firmato il contratto e quando questi siano stati poi consegnati.

[di Michele Manfrin]