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Ora l’Europa si è accorta di aver acquistato troppi vaccini, e cerca una via d’uscita

Dopo aver siglato contratti per ingenti quantità di vaccini anti-Covid e forse constatando che le dosi booster vengono rifiutate da un numero notevole di cittadini – basterà ricordare che in Italia, secondo i dati [1] relativi all’8 giugno scorso, la percentuale di copertura per la quarta dose di vaccino sulla platea vaccinabile di persone immunocompromesse era del 36,2% – diversi Stati europei starebbero ora cercando di rinegoziare al ribasso gli accordi sottoscritti con le aziende produttrici. A rivelarlo è stata l’agenzia di stampa Reuters [2], la quale ha sottolineato che l’obiettivo sarebbe quello di ridurre le forniture di vaccini e di conseguenza diminuire la relativa spesa. Il paese leader in questo tentativo di revisione dei contratti, inoltre, sarebbe la Polonia: secondo quanto riferito alla Reuters da un diplomatico polacco, infatti, la nazione avrebbe più di 30 milioni di dosi in magazzino e dovrebbe acquistarne altri 70 milioni in base agli accordi attuali. In totale però la Polonia ha circa 38 milioni di abitanti, di cui il 59,3% [3] ha completato il ciclo primario di vaccinazione.

La questione della rinegoziazione è stata discussa martedì in una riunione dei ministri della Salute dell’Ue svoltasi a Lussemburgo, durante la quale però il Commissario europeo per la salute, Stella Kyriakides, ha sostanzialmente fatto tornare tutti con i piedi per terra sottolineando [4] che «ci sono sempre due parti in un contratto che devono essere rispettate» e che l’Ue «non può modificare unilateralmente i termini dei contratti». Il tutto probabilmente anche in risposta ad una lettera inviata alla Commissione Ue all’inizio di giugno e vista da Reuters, nella quale il ministro della Sanità polacco Adam Niedzielski insieme alle controparti di Bulgaria, Croazia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Romania chiedevano appunto una «riduzione delle quantità» dei vaccini ordinati, sulla base del fatto che i contratti sarebbero stati concordati quando era impossibile prevedere come si sarebbe sviluppata l’emergenza sanitaria, ora in netto miglioramento. «Siamo testimoni di un onere eccessivo sui bilanci statali, combinato con la consegna di quantità inutili di vaccini», avrebbero dunque affermato i ministri nella lettera congiunta, aggiungendo che ci sarebbe «un’alta probabilità che le dosi fornite all’Unione europea possano finire per essere smaltite».

In realtà, però, Pfizer e Moderna avrebbero già modificato in parte i loro accordi con l’Ue: tuttavia, riferendosi esclusivamente alla modifica concordata con Pfizer, i ministri avrebbero affermato nella lettera che si tratterebbe di «una soluzione insufficiente e atta solo a ritardare il problema». Sarà forse anche per questo che il Commissario europeo per la salute, Stella Kyriakides, ha dichiarato che la Commissione lavorerà per estendere le consegne oltre quest’anno e distribuirle in un periodo di tempo più lungo. Ad ogni modo, il coltello dalla parte del manico sembrano possederlo le aziende farmaceutiche dato che, secondo quanto riportato dalla Reuters, a maggio un funzionario dell’UE avrebbe affermato in anonimato che gli Stati membri avrebbero probabilmente perso qualsiasi causa legale intentata contro i fornitori. Nel frattempo, il dialogo a livello europeo dovrebbe continuare, con una riunione degli esperti sanitari dell’Ue sulla questione dell’eccesso di offerta che sarebbe prevista per il mese di luglio. Il tema d’altronde risulta essere alquanto importante, poiché se le società farmaceutiche non dovessero esaudire la richiesta di ridurre le forniture di vaccini si prospetterebbe un probabile spreco di denaro pubblico.

[di Raffaele De Luca]