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La BCE prepara il ritorno dell’austerità? La finanza intanto avvisa l’Italia

L’austerità è l’insieme di limitazioni dei consumi privati e delle spese pubbliche adottate da uno stato in base a un piano di risanamento economico. L’Italia ha fatto i conti con questo complesso di misure già nel decennio scorso, quando l’avvento dei governi tecnici – chiamati a risollevare l’economia – si tradusse in tagli allo stato di Welfare, coinvolgendo tra i vari settori la sanità e l’istruzione. Lo spettro dell’austerità è tornato con prepotenza in seguito alla decisione della Banca Centrale Europea di alzare a luglio, dopo undici anni, i tassi di interesse per far fronte all’inflazione dilagante [1]. A qualche ora dall’annuncio, si è registrata [2] un’impennata per lo spread (il differenziale tra tassi italiani e tedeschi), a cui seguiranno oneri maggiori per accedere a mutui e prestiti. Il tutto accompagnato dal dubbio, rilanciato come certezza da diversi analisti, che la politica restrittiva si rivelerà incapace di raggiungere il proprio scopo, dal momento in cui l’inflazione non è data da un aumento della domanda ma dalla contrazione dell’offerta.

Spread: raggiunti i livelli del 2020. Grafico IlSole24Ore

Generalmente, l’inflazione viene vista come un effetto di un’economia in fase d’espansione, dove investimenti, consumo e spesa (pubblica e non) sono in aumento e l’offerta non riesce a tenerne il passo. Allora, vista la difficoltà ad aumentare la produzione nel breve periodo a causa delle risorse tendenzialmente limitate, le banche centrali europee optano per una politica monetaria (o fiscale) restrittiva, che riduce gli investimenti a favore del risparmio per frenare l’espansione dell’economia. La situazione attuale rappresenta, invece, un’anomalia, vista l’inflazione causata essenzialmente dalla riduzione dell’offerta di materie prime, registratasi già a inizio anno a causa del cambiamento climatico, della pandemia e da un atteggiamento diverso da parte dei paesi esportatori. La guerra in Ucraina ha poi esasperato questa tendenza, determinando l’incremento dei prezzi di gas e petrolio. Francesco Giavazzi, economista e consigliere di Palazzo Chigi, ha definito immotivato il rialzo dei tassi di interesse, dal momento in cui l’Italia «non ha un’inflazione da domanda come negli Stati Uniti, ma un’inflazione legata al prezzo del gas». Giavazzi ha poi aggiunto che la stretta della BCE ridurrà tra qualche mese la domanda privata, avviando l’economia verso un rallentamento se non una recessione. Le sue dichiarazioni seguono i periodi ipotetici rilasciati dal ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco: «Se è dalla parte della domanda l’aumento dei tassi è appropriato per contenere l’inflazione, se l’inflazione dipende ampiamente da shock dell’offerta l’aumento dei tassi è meno pertinente».

La contrazione della domanda privata non sarà l’unico effetto della stretta economica annunciata da Bruxelles. Il debito pubblico italiano ha raggiunto a settembre 2021 la cifra record di 2.734 miliardi di euro: circa il 154,4% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Ogni stato emette dei titoli di debito – i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) in Italia – per finanziare il proprio debito pubblico. Si tratta di strumenti finanziari che i risparmiatori possono acquistare avendo la sicurezza di vedersi restituire quanto versato al termine di quello che può essere considerato un vero e proprio prestito nei confronti dello stato. Quelli a scadenza decennale sono i più noti, perché utilizzati come riferimento per lo spread, appunto la differenza tra il rendimento dei BTP italiani a 10 anni e quello dei Bund tedeschi (titoli di debito) della stessa durata. Più l’economia di Roma si avvicina, in termini di affidabilità, a quella di Berlino e più lo spread si riduce.

Alla somma iniziale del “prestito” va aggiunto un interesse (o rendimento), che risponde a un rischio: più il rischio è elevato e più deve essere remunerato con un interesse maggiore. Alti rendimenti si traducono in costi più sostenuti per lo stato, che deve far fronte agli interessi maturati nei confronti dei risparmiatori. Un paese affidabile dal punto di vista economico emetterà titoli di debito con bassi rendimenti perché rappresenteranno un basso rischio per i creditori. Viceversa, uno stato con un elevato debito pubblico dovrà “pagare” di più per convincere i risparmiatori a rischiare e, dunque, finanziarlo. Tra le conseguenze della stretta economica ci sarà proprio l’aumento dei rendimenti dei titoli di stato. L’Eurozona si ritroverà dunque costretta a pagare maggiori interessi: secondo le stime del MEF, la manovra costerà al nostro paese 19 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Alla contrazione della domanda privata e ai rendimenti maggiori, si aggiungono mutui e prestiti più cari per le famiglie e un credito più costoso per le imprese.

A interessarsi dell’andamento dell’economia nostrana non sono soltanto i cittadini italiani, ma diversi attori internazionali. Che almeno una parte del mondo finanziario desideri utilizzare la crisi attuale per far ripiombare l’Italia nel baratro dell’austerità è stato confermato da un tweet [5] di Robin Brooks, capo economista dell’IIF Institute of International Finance, con un passato in Goldman Sachs e nel Fondo Monteario Internazionale: “Si ha la sensazione che lo spread dell’Italia sia rimasto troppo basso per troppo tempo. Ciò ha ostacolato le riforme necessarie e ha allontanato gli investitori privati che desiderano un rendimento più elevato. Pertanto, l’allargamento dello spread che ha fatto seguito al meeting della BCE rientra in parte nel previsto. Stiamo tornando a una maggiore disciplina di mercato”.

[Di Salvatore Toscano]