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Come la RAI ha censurato i referendum sulla giustizia del 12 giugno

Molti italiani ancora non sanno di essere chiamati a votare per cinque referendum che potrebbero cambiare profondamente alcune leggi sulla giustizia. Eppure le votazioni si terranno domani, 12 giugno. I referendum sono stati quasi del tutto nascosti dai media e nemmeno quello che dovrebbe essere il servizio pubblico al servizio dei cittadini, la RAI, ha fatto di certo molto per rendere gli italiani a conoscenza dell’esistenza dei quesiti referendari, né tantomeno per istruirli circa le conseguenze di un “no” o di un “si” segnato sulla scheda elettorale. Ma per quale ragione l’esistenza dei referendum è stata silenziata con l’evidente accordo di quasi tutte le forze politiche?

Un primo indizio che qualcosa nell’informazione non abbia funzionato è stato il sondaggio [1] di Ipsos sui pensieri dei cittadini che si apprestano al voto. Presentato a Di Martedì nella puntata dello scorso 24 maggio, mostra che solo il 56% degli intervistati era a conoscenza che il 12 giugno si sarebbe svolta la consultazione referendaria. Di questi però “i più ne ignorano il tema”, cioè non sanno nemmeno per cosa si vota.

Il dato più importante è quello reperibile sul sito di Agcom, leggendo i report stilati per valutare quanto e come nelle maggiori televisioni italiane si è parlato del referendum. Tutti i canali analizzati mostrano tempi di programmazione molto scarsi. Riporteremo qui i dati [2] del mese di maggio della sola Rai in quanto televisione di Stato, che si suppone dovrebbe essere imparziale e garantire una corretta informazione. Dopo di ché faremo un rapido confronto con i dati invece del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Come si vedrà la differenza è piuttosto evidente.

Nel periodo dal 29 aprile al 7 maggio, il tempo totale di programmazione che la Rai complessiva, cioè nei 4 canali di Rai1, Rai2, Rai3 e Rai News 24, ha speso per informare o creare dibattito attorno al referendum del 12 giugno, è stato di appena mezz’ora: 24 minuti di informazione nei Tg e 7 negli extra, cioè negli approfondimenti o nei programmi. Nella settimana dall’8 al 14 maggio il tempo complessivo è stato di 1 ora e 10 minuti, 22 minuti nei Tg e 48 negli extra. Dal 15 al 21 maggio la copertura è stata simile: 1 ora e 14 minuti, con 48 minuti nei Tg e 26 negli extra. Infine, nella settimana dal 22 maggio al 28, il totale di tempo dedicato al referendum è stato di 1 ora e 37 minuti. In sostanza, nel mese più importante, quello prima del giorno del referendum, i principali canali di Stato gli hanno dedicato appena 4 ore su 998 di programmazione: circa lo 0,004 del tempo.

Guardiamo adesso la penultima settimana [3] prima del voto, dallo scorso 29 maggio al 4 giugno. E’ l’ultima di cui si hanno dati Agcom. Si nota che la Rai ha lievemente accelerato: per modo di dire. I telegiornali nel complesso hanno dedicato 1 ora e 45 minuti all’argomento referendum. Gli extra invece hanno parlato del 12 giugno per un totale di 2 ore e 27 minuti. In una sola settimana quindi, la tv di Stato ha “recuperato”, trattando di referendum il tempo dell’intero mese precedente. Tuttavia i numeri risultano comunque esigui, specie se rapportati al totale della programmazione: 4 ore in tutto su 219, cioè lo 0,01 del tempo. Ma se guardati per singolo canale, i numeri fanno anche più impressione. Gli extra del canale principale Rai1, fra Porta a Porta, Rai Parlamento ecc, hanno dedicato la bellezza di 1 minuto e 12 secondi al referendum in una settimana, e nemmeno trattandolo nei suoi singoli quesiti, ma in generale. Rai2, il secondo canale maggiore, ha fatto anche di meglio: non ne ha proprio parlato. Rai3 e Rai News 24 hanno speso invece il tempo maggiore: 1 ora e 10 minuti il primo, fra Che Tempo che Fa, Agorà Extra e Linea notte, e 1 ora e 15 minuti il secondo, fra In un’Ora, Focus Referendum e altri.

Tuttavia anche quel poco tempo in più concesso da Rai3 sulla questione 12 giugno risulta problematico, poiché una parte corrisponde al monologo fatto da Luciana Littizzetto a Che Tempo che Fa, il 29 maggio scorso. Le sue parole, in quanto critiche del referendum, hanno spinto l’Agcom a deliberare un richiamo formale [4] nei confronti della Rai per aver violato i principi di par condicio e pluralismo durante la campagna referendaria. Nel monologo [5] infatti l’attrice invitava fra le righe gli spettatori a non andare a votare: dicendo che il 12 giugno lei voleva andare al mare, che le questioni che “ci stavano a cuore” erano l’eutanasia e le droghe leggere. Soprattutto, sostenendo che il referendum sulla Giustizia riguarda questioni “tecniche” o di “diritto”, di cui la gente non sa nulla: quindi su cui non dovrebbe esprimersi.

E’ possibile adesso fare un rapido confronto con quanto avvenuto invece per il referendum del 4 dicembre 2016, sempre grazie ai dati forniti dall’ [6]Agcom [6]. A parità di distanza dal voto le differenze con l’oggi sono vistose. Nel periodo che va dal 31 ottobre al 13 novembre 2016 la programmazione dedicata al referendum Costituzionale della Rai complessiva fu di ben 11 ore e 52 minuti: 1 ora e 40 minuti invece per quello sulla Giustizia. Nella settimana dal 14 al 20 novembre 2016 fu di 9 ore e 16 minuti di programmazione: per il referendum odierno 1 ora e 14 minuti appena. Si arriva quindi alla penultima settimana prima del 4 dicembre, corrispondente all’ultima di cui al momento si hanno dati per il referendum odierno. Dal 21 al 27 novembre 2016 il tempo che la Rai dedicò al referendum costituzionale è stato di quasi 12 ore (11 e 57 minuti): 3 volte di più rispetto alle 4 ore di oggi. Sommando il tutto si ha che nel 2016 la Rai, il mese prima la data del voto, aveva speso circa 33 ore sull’argomento ed in modo più o meno omogeneo, contro le appena 4 per il referendum del 12 giugno.

[di Andrea Giustini]