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Morire di sedazione profonda per l’incompetenza delle istituzioni: la storia di Fabio Ridolfi

Fabio Ridolfi, 46enne immobilizzato per quasi la metà della sua vita a causa di una tetraparesi (una forma di paralisi che coinvolge contemporaneamente la muscolatura volontaria di tutti e quattro gli arti) ha diffuso un video [1] in cui descrive il perché della sua ultima scelta, quella di adottare la sedazione palliativa: «da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio di chi mi vuole bene». La scelta di Fabio arriva dopo una lunga battaglia per una morte dignitosa e dopo che le istituzioni – in particolare il Servizio Sanitario della Regione Marche – hanno ignorato anche una sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito il suo diritto a ottenere il suicidio assistito.

Con la sedazione palliativa [2] (che fa diminuire dolore e sofferenza), profonda (volta ad annullare la coscienza del paziente) e continua (quando lo scopo è portare il paziente alla morte) si riduce gradualmente la coscienza del paziente fino al suo possibile annullamento, così da alleviare i dolori fisici e psichici. Una pratica, quella che ha scelto di adottare Fabio Ridolfi evitabile, visto che egli avrebbe il diritto alla morte volontaria come previsto dalla sentenza 242/2019 [3] della Corte Costituzionale. Il suicidio assistito dovrebbe ormai essere garantito per l’uomo originario di Fermignano senza ulteriori indugi, ma gli insopportabili ritardi degli organi competenti mostrano il contrario.

Il Servizio Sanitario Regionale delle Marche non ha assicurato all’uomo l’effettiva messa in pratica del suicidio assistito, da lui richiesto e al quale avrebbe accesso libero. Non solo, ma per avere conferma del via libera per l’eutanasia Fabio Ridolfi ha dovuto attendere ben più del previsto: il Comitato Etico si è degnato di dare risposta al paziente con quaranta giorni di ritardo. Dopodiché l’Azienda sanitaria unica regionale non ha mai risposto all’uomo nemmeno dopo la diffida [4] che egli ha deciso di muovere il 27 maggio scorso, visti i continui ritardi e il silenzio adottato sul farmaco e le modalità di somministrazione dell’ultimo.

Il suicidio assistito avviene infatti con la somministrazione di farmaci mirati o la soppressione di qualsivoglia sistema vitale del paziente. La sedazione palliativa che invece Fabio, malato da diciotto anni e che peggiora ogni giorno di più è stato “costretto” ad adottare [5], è un atto terapeutico che mira ad alleviare o eliminare lo stress e la sofferenza nel paziente a fine vita, senza incidere sui tempi di vita residua, motivo per cui è ben diversa dall’eutanasia, procedura che spetterebbe di diritto a Fabio Ridolfi.

[di Francesca Naima]