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Mosca attacca di nuovo l’Italia: “i vostri media sono pieni di propaganda anti-russa”

In un lunghissimo post su Facebook, l’ambasciata di Mosca in Italia ha accusato [1] i media italiani di condurre una campagna anti-russa, che “viola i diritti dei cittadini” e “alimenta la crescita di sentimenti russofobi nella società italiana”. Il post si concentra poi sull’elenco dei presunti atti discriminatori, che “coinvolgono gli artisti, i funzionari e i cittadini russi”. “I connazionali – viene infine denunciato – sono preoccupati per il limitato accesso ai media russi in Italia e, di conseguenza, per la mancanza di informazioni obiettive sulla politica e sulle azioni della Russia nel quadro dell’operazione militare speciale”. La risposta di Roma non si è fatta attendere, con il ministro degli Esteri Di Maio che ha dichiarato: «I nostri mezzi d’informazione non possono prendere lezioni di giornalismo dalla Russia, né tantomeno ricevere minacce».

Tra i casi ostili citati dall’ambasciata di Mosca in Italia, figurano gli atti vandalici ai danni “della recinzione dell’edificio del Consolato Generale della Federazione Russa a Genova”, le difficoltà dei dipendenti della Missione permanente russa presso la FAO e di altre organizzazioni internazionali a Roma a stipulare contratti con gli operatori telefonici e “la grande campagna lanciata in Italia contro la cultura russa e i suoi rappresentanti“. In particolare, vengono citati “la richiesta al direttore d’orchestra di fama mondiale Valery Gergiev di condannare pubblicamente le azioni della Russia in Ucraina sotto la minaccia di porre fine alla cooperazione” e l’annullamento del Lago dei cigni in diversi teatri italiani. A questi eventi, si aggiunge poi l’incidente che ha suscitato “il maggior clamore dell’opinione pubblica russa”, relativo a “una studentessa russa di 19 anni dell’Università di Bologna che si è recata dal medico per ottenere un certificato di disabilità uditiva” ma che ha ricevuto “l’invito a effettuare un esame approfondito (nonostante negli anni precedenti ciò non fosse richiesto) prima di essere cacciata dall’operatore sanitario”.

In risposta alle dichiarazioni, il 6 giugno è stato convocato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana il capo della missione diplomatica russa, l’ambasciatore Sergey Razov, noto all’opinione pubblica per le rivelazioni di stampa incentrate sugli incontri con Matteo Salvini, commentate successivamente dal leader della Lega: «Per la pace si lavora con ambasciatori e governi di tanti Paesi. Io l’ho fatto e continuerò a farlo, spero in compagnia di tanti colleghi che in questi giorni criticano e chiacchierano ma non muovono un dito». Al centro della convocazione della Farnesina, c’è stato l’invito a “cambiare la prassi comunicativa delle ultime settimane”. Razov, e dunque l’Ambasciata russa in Italia, ha poi rilasciato una nuova nota, in cui si è ribadita l’accusa di propaganda. “L’ambasciatore si è soffermato sulle dichiarazioni talvolta inaccettabili di alti funzionari italiani nei confronti della Russia e della sua leadership. Ha sottolineato che la linea di propaganda che sta dominando nei media italiani difficilmente può essere qualificata altrimenti che come ostile”. Da un lato, l’ambasciata chiede “moderazione ed equilibrio nell’interesse del mantenimento di relazioni positive e di cooperazione tra i popoli russo e italiano a lungo termine”, dall’altro, le istituzioni italiane ribadiscono i confini dell’azione diplomatica di Razov.

Il capo di una missione diplomatica permanente (ambasciatore) deve ricevere, prima del suo insediamento, il cosiddetto gradimento da parte dello stato ospitante, a testimonianza della natura consensuale della relazione. Segue poi l’accreditamento del capo della missione, che così può iniziare a svolgere le proprie funzioni: proteggere gli interessi e rappresentare il proprio stato – definito accreditante -, negoziare con lo stato ospitante, accertare e riferire al paese di rappresentanza sulle condizioni e gli sviluppi nel territorio ospitante e promuovere relazioni amichevoli tra i due stati in campo economico, culturale e scientifico¹. In qualsiasi momento, il paese accreditante può decidere di richiamare il proprio ambasciatore, così come lo stato territoriale può definirlo “persona non grata”, allontanandolo dal territorio sovrano.

[Di Salvatore Toscano]

¹ Articolo 3, Convenzione di Vienna del 1961.