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La Danimarca vuole inviare i suoi detenuti stranieri in Kosovo

La Danimarca potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri inviando i detenuti di nazionalità terze in una colonia penale in Kosovo. Questo è quanto previsto dal Trattato sull’uso della struttura correzionale di Gjilan ai fini dell’esecuzione delle sentenze danesi, che dovrebbe essere ratificato dai Parlamenti dei due Paesi in queste settimane. Se ciò avvenisse, a partire dall’inizio 2023 la Danimarca potrebbe dare il via al trasferimento di 300 prigionieri nel carcere di Gjilan, a oltre 2000 km di distanza. La decisione ha sollevato non poche preoccupazioni tra le organizzazioni che si occupano di tutela dei detenuti e di lotta alla tortura, in quanto lederebbe i diritti delle persone detenute e violerebbe gli obblighi della Danimarca in materia di diritti umani internazionali.

L’adozione di una misura simile comporterebbe infatti una lunga lista di violazioni [1] dei diritti dei detenuti, come il diritto alle visite familiari, all’accesso a un avvocato di fiducia e a un trattamento non discriminatorio. Ad essere trasferiti, infatti, sarebbero solamente i detenuti originari di Paesi terzi. Una volta scontata la pena, i detenuti verrebbero riportati in Danimarca per essere rimandati nei propri Paesi d’origine. A suscitare la preoccupazione di enti quali l’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), l’Osservatorio penitenziario europeo, il Consiglio internazionale di riabilitazione per le vittime della tortura (IRCT) e Antigone vi è anche la possibile condizione di detenzione delle carceri kosovare, nelle quali si registra un alto tasso di corruzione e maltrattamenti da parte del personale di custodia. L’accordo, sostengono le associazioni, costituisce di per sé una violazione delle norme penitenziarie europee e delle Nazioni Unite.

Negli ultimi anni la Danimarca ha attuato [2] politiche migratorie sempre più restrittive, volte a limitare l’ingresso di popolazione “non occidentale” entro i propri confini. Basti pensare che nel 2021 è stato revocato il permesso di soggiorno a 380 rifugiati siriani, in quanto la città di Damasco, dove da 11 anni imperversa un sanguinoso conflitto, è stata ritenuta dal governo danese luogo sicuro. La mancanza di un sistema di integrazione efficace e la sostanziale condizione di emarginazione nella quale vivono gli immigrati extraeuropei costituiscono possibili cause dell’aumento della tendenza delinquenziale, fattore che fa sì che il 30% di coloro che si trovano in carcere sia di origine straniera. La “mercificazione” e il trattamento discriminatorio dei detenuti stranieri è quindi da leggersi in questo contesto.

[di Valeria Casolaro]