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I falsi crimini di guerra e l’inesistente deontologia dei media mainstream

Il Parlamento ucraino ha deciso di sfiduciare Lyudmila Denisova, destituendola dalla carica di Commissaria per i Diritti Umani. Il motivo, oltre alla sua inadempienza su vari fronti, è il pessimo servizio tenuto riguardo la gestione e la divulgazione di notizie sensibili. Come riferisce [1] Pavlo Frolov, deputato di “Servant of the People”, Denisova si è solo concentrata nella pubblicazione mediatica di notizie sensazionalistiche e non verificate. «L’incomprensibile concentrazione di lavoro mediatico del difensore civico su numerosi dettagli di “crimini sessuali commessi in modo innaturale” e “stupro di bambini” nei territori occupati, che non poteva essere confermato da prove, ha solo danneggiato l’Ucraina e distratto l’attenzione dei media mondiali dai reali bisogni dell’Ucraina».

Questo “lavoro” poco accurato ha spesso finito per contagiare quello dell’informazione occidentale, che raramente di fronte alle sue incredibili notizie si è comportata deontologicamente, preoccupandosi della loro veridicità prima di spargerle. Il più delle volte, le parole di Denisova, solo perché riguardanti categorie fragili, come donne e bambini, e perché giunte da una componente del Governo ucraino, sono state trasformate in fatti. E nonostante adesso sia emerso che si trattava di notizie parziali, imprecise o anche false, quasi nessuno dei media che le avevano riportate si è preoccupato di rettificare, o almeno di specificare negli articoli che le notizie erano quantomeno controverse. 

Prendiamo l’esempio di Open. Nelle settimane scorse aveva riportato la denuncia di Denisova secondo cui “i russi usano lo stupro come arma di guerra [2]”. Nel pezzo si citavano affermazioni incredibili come che vi erano state qualcosa come 43 mila segnalazioni di crimini su 82 mila persone dall’inizio della guerra, oppure che, solo in un’ora, si erano verificati 10 casi di violenza, 8 dei quali su minori. L’unica fonte a tutto ciò era però la voce stessa della Denisova che, attraverso un comunicato [3], parlava di quei presunti crimini russi come di “fatti”. «I appeal to the UN Commission for Investigation Human Rights Violations during the Russian military invasion of Ukraine to take into account these facts of genocide of the Ukrainian people», si legge in fondo alla pagina. Un quotidiano internazionale come Business Insider [4] almeno aveva specificato che non era stato possibile trovare altre prove o fonti indipendenti a conferma delle notizie. Open, come altri quotidiani no. E tutt’oggi non è stata fatta alcuna rettifica. Chiunque apra quell’articolo, è indotto a pensare che il contenuto sia vero. 

La sfiducia nei confronti di Denisova non è arrivata solo dalla politica. Prima ancora proprio i giornalisti ucraini, affiancati da ONG e realtà varie, avevano fatto un appello [5]. Fra i passaggi del documento, condiviso da una cinquantina di persone, si può leggere che i firmatari, in quanto professionisti dei media ucraini, si sono spesso ritrovati a indignarsi e preoccuparsi per la retorica fatta da Denisova su notizie di crimini sessuali durante la guerra. Si sottolinea come il Commissario per i Diritti Umani e il suo ufficio abbiano un’enorme responsabilità, poiché le loro affermazioni, in quanto autorità, vengono prese come fatti confermati dai giornalisti, anche se spesso, specie quelle sui crimini sessuali, non possono venir verificate con altre fonti: (tradotto) «È molto importante che vengano davvero confermate».

«Materiali sensazionalistici, stigmatizzazioni, insinuazioni, e il fare “nero” intorno alle tragedie umane – si legge – non ci aiuteranno a superare il nemico e presentare il problema dei crimini sessuali durante la guerra. Siamo preoccupati che i media ucraini diventino solo una piattaforma per diffondere “dettagli terribili” sui crimini sessuali durante la guerra, invece di servire come voci a sostegno della raccolta di prove in casi penali pertinenti e di punizioni eque, e per diffondere informazioni su dove e come rivolgersi alle persone sopravvissute alla violenza». Fra le richieste più importanti poste a fine documento, quella di pubblicare solo le informazioni per le quali vi siano prove sufficienti, di verificare i fatti prima di procedere alla loro pubblicazione, e anche di fare attenzione al linguaggio, evitando il sensazionalismo e la divulgazione affrettata di dettagli eccessivi. 

[di Andrea Giustini]