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In Europa le associazioni dei giornalisti si muovono contro la censura dei media russi

L’Associazione Olandese dei Giornalisti (NVJ) ritiene che il divieto di trasmissione imposto dall’Unione Europea ai canali di informazione Russia Today e Sputnik sia una violazione della libertà di stampa. Sebbene riconosca che questi, come molti degli altri canali sostenuti dalla Russia di Vladimir Putin, siano stati utilizzati per la propaganda del Cremlino, sostiene anche che una loro chiusura forzata in territorio europeo equivalga ad una censura. Assieme al Fondo per la Libertà di Stampa, all’organizzazione per i diritti civili Bits of Freedom, e a fornitori internet vari, l’Associazione ha così deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea per far sì che il blocco arbitrariamente attuato venga revocato. 

Era il 2 marzo scorso quando la Commissione Europea, a seguito della stipula di un accordo con gli stati membri, aveva annunciato che i due canali, rispettivamente una tv statale russa ed un quotidiano online, erano stati banditi “da tutti i mezzi di trasmissione e distribuzione, come via cavo, satellite, IPTV, piattaforme, siti web e app”. Ursula Von der Leyen aveva dichiarato [1] (tradotto): «‎‎‎In questo tempo di guerra, le parole contano. Stiamo assistendo ad una propaganda e a una disinformazione massiccia sull’oltraggioso attacco a un paese libero e indipendente. Non lasceremo che gli apologeti del Cremlino riversino le loro bugie tossiche a giustificazione della guerra di Putin o che seminino i semi della divisione nella nostra Unione‎».‎

«Non siamo fan di RT e Sputnik» ha dichiarato Thomas Bruning, segretario della NVJ. «È propaganda di stato. Ma se i leader di governo possono vietare in modo autonomo l’informazione, ciò ha delle ricadute sullo stato di diritto democratico nel suo complesso». Per l’Associazione olandese, infatti, il modo in cui è stata presa la decisione del divieto è irregolare, in quanto spetta ai governi e ai parlamenti eventualmente elaborare delle regole, e successivamente la loro applicazione ai giudici e alle autorità dei media. Invece, con quella mossa i ministri è come se facessero tutto da soli: hanno elaborato loro una nuova norma e l’hanno applicata in autonomia subito. Non possono essere per NVJ i leaders di governo a stabilire cosa giornalisti o scienziati possono trovare in rete. Anche dal fronte dei fornitori di servizi internet sono arrivati commenti importanti. Scholte ter Horst, CEO di Freedom Internet, ha dichiarato che la decisione del blocco è stata presa frettolosamente dalle istituzioni europee: «È una decisione sproporzionata, che spalanca la porta alla possibilità di altri blocchi di questo tipo». Questa è la prima volta che il principio di neutralità della rete viene compromesso a causa della disinformazione. «Rappresenta – ha affermato il CEO – un pericolo per l’Internet aperto».

La posizione di NVJ e delle altre realtà al suo fianco non è molto diversa da quella espressa [2]dalla Federazione Europea dei Giornalisti (Efj) il giorno subito dopo la notizia della decisione da parte della Commissione. Nell’appello, lanciato il 3 marzo, si metteva in guardia da quello che poteva configurarsi come un pericoloso precedente, minaccia alla libertà di espressione e di stampa. Il segretario generale della Federazione, Ricardo Gutiérrez, aveva ricordato come la regolamentazione dei media non fosse di competenza dell’Unione Europea, e che Bruxelles non avesse quindi alcun diritto di concedere o ritirare le licenze di trasmissione. «Questa è una competenza esclusiva degli Stati. Nelle nostre democrazie liberali, sono i regolatori indipendenti, mai il governo, ad essere autorizzati a gestire l’assegnazione delle licenze. La decisione dell’UE è una rottura completa con queste garanzie democratiche. Per la prima volta nella storia moderna, i governi dell’Europa occidentale stanno vietando i media. La chiusura totale di un organo di stampa – aveva aggiunto Gutiérrez – non mi sembra il modo migliore per combattere la disinformazione o la propaganda. Questo atto di censura può avere un effetto totalmente controproducente sui cittadini che seguono i media vietati. A nostro avviso, è sempre meglio contrastare la disinformazione dei media propagandisti, o presunti tali, esponendo i loro errori fattuali o il cattivo giornalismo, dimostrando la loro mancanza di indipendenza finanziaria o operativa, evidenziando la loro lealtà agli interessi del governo e il loro disprezzo per l’interesse pubblico».

[di Andrea Giustini]