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Il boom del marketing sui social spinge il consumo di latte in polvere per i bambini

Le aziende che producono e distribuiscono il latte artificiale stanno pagando i social media e gli influencer per “ottenere l’accesso diretto alle donne incinte e alle madri in alcuni dei momenti della loro vita in cui sono più vulnerabili”: ora la denuncia, da tempo portata avanti da diverse associazioni, è stata raccolta e approfondita l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in un nuovo rapporto [1] incentrato sulle “strategie di marketing digitale atte a promuovere i sostituti del latte materno”. Il documento delinea le tecniche progettate per influenzare le decisioni che i genitori prendono sul modo in cui nutrire i propri figli, facendo emergere che l’industria globale del latte artificiale – del valore di circa 55 miliardi di dollari – si rivolga alle neomamme mostrando loro contenuti personalizzati sui social media, che spesso non sono riconoscibili come pubblicità. Una forma di marketing pervasivo che sta riuscendo a far aumentare gli acquisti dei sostituti del latte materno dissuadendo le madri dall’allattare esclusivamente in maniera naturale il proprio figlio, come raccomandato dalla stessa Oms. Il rapporto si conclude con l’invito rivolto ai legislatori ad intervenire regolamentando in maniera rigida la materia, così da favorire l’allattamento naturale.

Al momento, infatti, le aziende stanno riuscendo ad ottenere buoni risultati grazie all’opera di convincimento appena accennata. Nello specifico, l’Oms fa sapere che “attraverso strumenti come app, gruppi di supporto virtuale o ‘baby-club’, influencer dei social media a pagamento, promozioni e concorsi nonché forum o servizi di consulenza” le aziende riescono ad “acquistare o raccogliere informazioni personali e inviare promozioni personalizzate alle nuove donne incinte e madri”. Queste ultime, sono ampiamente influenzate da tali strategie, come dimostrano i numeri emersi dal rapporto dell’Oms. Riassumendo i risultati di una nuova ricerca che ha analizzato 4 milioni di post sui social media relativi all’alimentazione infantile e pubblicati tra gennaio e giugno 2021, dal report è infatti venuto fuori che tali post abbiano “raggiunto 2,47 miliardi di persone e generato oltre 12 milioni di Mi piace, condivisioni o commenti”. “Le aziende del latte artificiale pubblicano contenuti sui loro account sui social media circa 90 volte al giorno, raggiungendo 229 milioni di utenti”, si legge inoltre sul sito dell’Oms, la quale specifica che tali numeri “rappresentano il triplo delle persone raggiunte da post informativi sull’allattamento al seno da account non commerciali“.

Bisogna quindi assolutamente intervenire, come sottolineato anche dal dott. Francesco Branca, direttore del dipartimento dell’Oms per la nutrizione e la sicurezza alimentare. «La promozione delle formule commerciali di latte avrebbe dovuto essere interrotta decenni fa», ha infatti affermato quest’ultimo, aggiungendo che «il fatto che le aziende del latte artificiale stiano ora impiegando tecniche di marketing ancora più potenti e insidiose per aumentare le loro vendite è imperdonabile e deve essere fermato». A dirla tutta, però, l’Oms in passato non è rimasta immobile sul tema: con il “Codice internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno” – adottato dall’Assemblea mondiale della sanità nel 1981 e sottoscritto dagli Stati Membri dell’Oms – è stato specificato che non ci dovrebbe essere alcuna “pubblicità o altra forma di promozione dei sostituti del latte materno nei confronti del pubblico in generale”. Si tratta però di un Codice adottato quando ancora non esistevano i social media, motivo per cui “non affronta direttamente molte delle strategie specifiche utilizzate nel marketing digitale”. Di conseguenza, seppur le tecniche di marketing che le aziende stanno adottando siano concettualmente in violazione con quanto previsto dal Codice, formalmente la pubblicità veicolata via social non è impedita dallo stesso, motivo per cui l’Oms sottolinea che “sono necessari nuovi approcci alla regolamentazione e all’applicazione del Codice”.

Il contrasto del fenomeno, stando ai fatti, necessita inoltre di essere attuato il prima possibile. “Nonostante la chiara evidenza che l’allattamento al seno esclusivo e continuato sia un elemento chiave per migliorare la salute dei bambini, delle donne e delle comunità per tutta la vita, sono troppo pochi i bambini allattati al seno come raccomandato“, afferma infatti l’Oms, precisando che “se le attuali strategie di marketing del latte artificiale dovessero proseguire, tale percentuale potrebbe diminuire ulteriormente, facendo aumentare i profitti delle aziende”. Nel frattempo, però, l’Oms sta chiedendo – tramite un appello [2] sottoscrivibile sul suo sito – ai produttori ed ai distributori di latte artificiale di non sfruttare più il marketing in questione, mentre ai governi nazionali di emanare e far rispettare leggi con cui porre fine alle pubblicità o ad altre promozioni di prodotti a base di latte artificiale.

[di Raffaele De Luca]