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A San Didero da un anno centinaia di agenti presidiano un cantiere vuoto della TAV

L’area dove sarebbe dovuto sorgere il cantiere dell’autoporto di San Didero, opera collaterale alla linea TAV, si estende su di una superficie di 68 mila metri quadri tra l’autostrada A32 e la statale 25. Il movimento No Tav di Torino l’ha definita [1] una “piccola Ilva” per via degli altissimi livelli di contaminazione del terreno dovuta agli anni di attività dell’acciaieria Beltrame. Della costruzione dell’autoporto, che avrebbe dovuto consentire la sosta ai camion in transito lungo l’autostrada e diretti verso la Francia, se ne parla sin dal 2020. Dal 2021 l’area è stata delimitata da recinzioni e filo spinato e posta sotto costante controllo da parte delle forze dell’ordine. Tuttavia tale occupazione -e militarizzazione- del territorio è avvenuta senza che l’appalto dei lavori fosse assegnato. Al contrario, Sitaf ha prima sospeso il bando di gara per via di alcune modifiche sostanziali da apportare al progetto, e lo ha poi definitivamente revocato il 6 maggio scorso. Nonostante ciò, l’area continua ad essere zona militarizzata e posta sotto controllo costante.

È la notte tra il 12 e il 13 aprile 2021 quando centinaia di agenti delle forze dell’ordine giungono in Val di Susa, nei pressi di San Didero, per occupare l’area destinata alla costruzione dell’autoporto. La gara d’appalto per la “rilocalizzazione dell’autoporto di Susa” è stata pubblicata da Sitaf il 13 febbraio 2020. Il progetto, del valore di 47,5 milioni di euro, è stato realizzato senza che venisse effettuato uno studio [2] di passaggio che fornisse dei dati chiari sul numero di camion in transito su quel tratto di autostrada: l’unico dato certo è che il quantitativo di merci in transito su gomma è in calo costante dal 1999.

Nessuno si è ancora aggiudicato l’appalto quando le forze dell’ordine occupano l’area. Per di più, di lì a poco Sitaf sarà costretta a ritirare a tempo indeterminato la procedura per via di alcuni sostanziali difetti del progetto, che è ora del tutto da rifare. Nonostante ciò, l’area viene delimitata da recinzioni e filo spinato e sorvegliata giorno e notte da decine di carabinieri e poliziotti. Si è stimato che la spesa per la militarizzazione della zona sia costata oltre 5 milioni di euro.

Di lì a poco Sitaf sarà tuttavia costretta a revocare la sospensione della gara d’appalto, per via del polverone che ne era scaturito in una valle contraria alla realizzazione dei lavori sin dal principio. L’opera è infatti ritenuta dai valsusini inutile (esistono già due autoporti nella valle, uno ad Orbassano e uno a Susa) e ad alto rischio ambientale, per via del sommovimento di terreni con altissimi livelli di inquinamento dovuti all’attività dell’acciaieria Beltrame, chiusa nel 2013. Si rendeva quindi necessario “procedere con tempestività ed urgenza alla ripresa delle operazioni di gara”: ad oggi, tuttavia, nulla è cambiato. Tanto che, il 6 maggio scorso, Sitaf ha ritirato [3] la gara d’appalto, revocando “il summenzionato bando di gara e tutti gli atti precedenti e successivi inerenti alla procedura in oggetto”.

Ad oggi, tuttavia, l’area dell’autoporto rimane sotto vigile controllo delle forze dell’ordine, con costi di gestione altissimi per la cittadinanza. Cosa sorveglino con tanto zelo rimane, ad oggi, ignoto.

[di Valeria Casolaro]