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L’Ex Ilva di Taranto è ancora pericolosa per la salute: la Corte Europea condanna l’Italia

La Corte europea dei Diritti dell’uomo (CEDU) ha pronunciato quattro condanne nei confronti dello stato italiano per le emissioni dell’Ex Ilva, sottolineando la loro pericolosità per la salute dei cittadini e la mancata tutela da parte delle istituzioni. Le sentenze riguardano i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019 da diversi dipendenti dell’impianto siderurgico e da centinaia di abitanti di Taranto (e dintorni) e di fatto confermano la condanna del 2019, quando la stessa CEDU dichiarò lo stato italiano colpevole di aver violato gli articoli 8 e 13 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo [1] e di non aver protetto i cittadini dall’inquinamento proveniente [2] dell’impianto. L’Italia venne così obbligata a versare un risarcimento di 5.000 euro alle 161 persone che avevano sporto denuncia negli anni precedenti.

A distanza di tre anni persiste il pericolo per la salute. È questo che, in sintesi, ha affermato la Corte europea dei Diritti dell’uomo con le ultime quattro condanne. L’organo giurisdizionale internazionale ha poi ribadito il ruolo del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che dal 2019 sta esaminando il caso con l’obiettivo di accertare il comportamento tenuto dallo stato italiano in materia di salvaguardia della salute dei cittadini e di ricorso alle “misure necessarie”. Nel 2021, il Comitato ha dichiarato: “Le autorità italiane non hanno fornito informazioni precise sulla messa in atto effettiva del piano ambientale, un elemento essenziale per assicurare che l’attività dell’acciaieria non continui a rappresentare un rischio per la salute“. Le quattro condanne arrivano a qualche settimana dalla richiesta [3] dei legali dell’Ex Ilva di dissequestrare gli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico pugliese perché considerati non più nocivi per la salute. L’istanza presentata alla Corte d’assise di Taranto suscitò l’indignazione generale tra gli abitanti e le organizzazioni della città, vittime decennali dell’inquinamento generato da un polo industriale di elevate dimensioni come quello dell’Ex Ilva. “Solo pensare queste cose è pura follia ma metterle nero su bianco in una richiesta di dissequestro è un’azione criminale perché significa negare l’evidenza dei continui “incidenti” che in questi anni si sono verificati”, scrisse il comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”.

A ribadire il rischio che i cittadini di Taranto e dintorni corrono ogni giorno non sono soltanto le recenti sentenze della Corte europea dei Diritti dell’uomo. Negli anni, si sono susseguiti [4] studi, rilevazioni e condanne che hanno confermato l’influenza delle emissioni industriali sulla salute degli abitanti della città. Quattro mesi fa, nel rapporto annuale del Consiglio dei Diritti Umani, Taranto è stata definita dall’ONU come “zona di sacrificio” degli interessi legati alla salute, dove “lo stato italiano non garantisce il diritto a un ambiente salubre”.

[Di Salvatore Toscano]