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Gli OGM in Europa a rischio deregolamentazione: una petizione cerca di impedirlo

Allo stato attuale, e forse ancora per poco, nell’Unione europea tutti gli organismi geneticamente modificati (OGM) sono soggetti ad autorizzazione e, se presenti in determinati prodotti, devono essere sempre segnalati in etichetta. Tuttavia, Bruxelles sta lavorando ad un nuovo quadro normativo che potrebbe non far valere più queste regole per i prodotti ottenuti con le nuove tecniche genomiche. Così, per evitare questo scenario, è stata lanciata una petizione [1] europea “a tutela dell’ambiente e della trasparenza per i consumatori”. L’iniziativa è stata promossa dal Coordinamento Italia libera da OGM, composto da 29 associazioni contadine, del biologico, ambientaliste e della società civile, tra cui Slow Food, FederBio e Wwf. Le nuove tecniche transgeniche che si chiede si continuino a regolamentare sono le cosiddette New Breeding Techniques (NBTs): delle indubbie conquiste della scienza che, tuttavia, tengono ancora vivo il dibattito sulla loro effettiva sicurezza in termini di impatto sulla biodiversità.

A detta dei legislatori europei non ci sarebbe motivo di mantenere le stesse norme anche per le nuove tecniche poiché queste, aumentando la resilienza delle colture ai cambiamenti climatici e riducendo l’uso dei pesticidi, contribuirebbero alla sostenibilità delle produzioni alimentari. Lo affermano in un rapporto [2] in cui, per l’appunto, si chiede che la normativa Ue si adegui al progresso scientifico. Il Coordinamento promotore della raccolta firme, d’altro canto, non la pensa alla stesso modo e sottolinea che «solo l’agricoltura biologica, l’agroecologia e le scelte responsabili di produttori e consumatori potranno assicurare la tutela della biodiversità, la riduzione di pesticidi e la produzione di cibo sano in un ambiente sano». Chiedono, inoltre, che l’Italia resti un paese libero da Ogm di modo che il prezioso patrimonio genetico delle colture da secoli tramandato non venga contaminato. Allarmismi o timori fondati? È presto per dirlo. Nel dubbio, perché deregolamentare? In linea con il principio di precauzione, a maggior ragione se ‘nuove’, tutte le varietà colturali sottoposte ad ingegneria genetica andrebbero sottoposte ad una rigorosa valutazione.
Nel mentre – sottolineano nella petizione – «è necessario approfondire la ricerca sui rischi ambientali e sulle alterazioni della biodiversità e sull’impatto socio-economico per gli agricoltori e sull’intero sistema alimentare nel lungo periodo».

Il principio secondo cui, invece, si punta a cambiare le regole è legato al fatto che i nuovi OGM, a differenza degli altri [3], sono prodotti mediante una tecnologia di editing genetico per cui i tratti delle colture vengono alterati senza che vi sia l’effettivo inserimento di geni estranei. Tuttavia, nel 2018, proprio la Corte di Giustizia Europea stabilì che vecchi e nuovi OGM andavano normati ai sensi della medesima direttiva. La ragione andò così a diverse associazioni francesi che avevano citato in giudizio il Ministero dell’Agricoltura d’Oltralpe il quale aveva autonomamente esentato i nuovi prodotti biotecnologici dalle regole vigenti. La questione, comunque, resta spinosa. Da un lato si hanno le pressioni delle multinazionali dell’agroalimentare le quali, in quanto spesso produttrici di sementi GM, spingono affinché le nuove varietà siano libere di circolare. Dall’altro c’è un’agricoltura tradizionale, di sussistenza, a piccola scala, custode di una diversità genetica minacciata da un’agricoltura industriale alla quale gli OGM sono intimamente legati. Dall’altro ancora c’è il progresso scientifico e la sicurezza alimentare: dovremmo preoccuparci – si interroga un ricercatore su Food Science & Nutrition [4] – più di garantire cibo ad una popolazione umana in rapida crescita o più dei rischi ecologici potenziali della biotecnologia in campo agricolo? Il dibattito è aperto.

[di Simone Valeri]