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Un’organizzazione internazionale chiede che il Fondo Monetario Internazionale sia processato

Nella giornata di giovedì 14 aprile l’organizzazione politica globale Internazionale Progressista ha tenuto una seduta di inchiesta sulle attività del Fondo Monetario Internazionale (FMI), interpellando esperti e politici di nove Paesi. Al centro delle contestazioni vi è il fatto che, pur essendo il FMI un’istituzione che opera “con denaro pubblico” e “per servire lo scopo pubblico”, le condizioni imposte con i prestiti conducono spesso i governi dei Paesi richiedenti a situazioni economiche ancora più instabili. L’istituto, sostiene Internazionale Progressista, opera in un totale “disprezzo dei diritti umani” e in piena violazione dei suoi principi fondatori. Per questo è stato fatto “appello urgente e immediato alle responsabilità del FMI” e individuati alcuni possibili percorsi d’azione, tra i quali il ricorso alla Corte di Giustizia Internazionale.

Varsha Gandikota-Nellutla, presidente della sessione d’inchiesta, ha dichiarato senza mezzi termini che “quanto sta accadendo non è un incidente né un fallimento politico casuale o un’inefficacia. Il FMI è un’istituzione pubblica che presta denaro pubblico con il fine di servire lo scopo pubblico, ma non risponde a nessuno. Attualmente non c’è un’autorità in nessuna parte del mondo che ritenga il FMI responsabile delle sue azioni”. Per tale motivo personalità di spicco tra avvocati, economisti e politici di nove Paesi (Ecuador, Argentina, USA, India, Pakistan, Ucraina, Kenya, Brasile e Grecia) si sono incontrati per condurre un’indagine [1] sull’operato del FMI e discutere possibili vie d’azione. L’istituzione è stata infatti contestata per “l’illegalità, l’impunità e il disprezzo dei diritti umani”.

Fernanda Vallejos, economista argentina ed ex membro della Camera dei Deputati, ha proposto di portare il FMI di fronte alla Corte di Giustizia Internazionale, in quanto “sede appropriata per esigere la giustizia che il nostro popolo merita“. Recentemente il suo Paese ha infatti sottoscritto un nuovo accordo [2] per la restituzione di un debito di oltre 44 miliardi di dollari con il FMI, contratto dal governo dell’ex presidente Mauricio Macri. Alcuni studi hanno definito l’accordo “giuridicamente nullo” in quanto impone condizioni irrealizzabili per l’Argentina, basate su valutazioni inadeguate che hanno visto tra le proprie conseguenze un’impennata nei tassi di inflazione. Gli stessi studi avevano già evidenziato la “mancanza di controllo legale del FMI”. L’indagine di Internazionale Progressista costituisce, secondo Vallejos, l’opportunità per l’Argentina e molte altre nazioni di “reclamare la propria sovranità” e “smettere di essere vittime”.

Andres Arauz, politico ed economista ecuadoriano, ha proposto di imporre al FMI la sottoscrizione alla Convenzione di Vienna del 1989 sui trattati tra governi sovrani e organizzazioni internazionali, in modo che gli accordi siglati tra qualsiasi Paese e il FMI possano essere oggetto di verifica da parte delle legislature nazionali e dei tribunali internazionali. Altra strada ipotizzabile, secondo l’esperto di politiche di riforma economica e debito estero Juan Pablo Bohoslavsky, potrebbe essere portare il FMI entro il Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) dell’ONU, essendo il FMI formalmente e legalmente parte del sistema delle Nazioni Unite e potendo per tale motivo essere reso responsabile nei suoi confronti.

Le pratiche del FMI sono state definite da vari analisti “neocoloniali” in quanto hanno impatto diretto sulla sovranità dei Paesi. Le asimmetrie di potere che derivano da questo tipo di rapporti, per quanto tacite, permettono ai Paesi ricchi di mantenere il controllo sugli altri ponendoli in una condizione di perpetua dipendenza. Uno dei casi più recenti riguarda lo Sri Lanka. A causa della devastante crisi economica [5] che ha sconvolto il Paese, il governo ha dovuto far ricorso ad un prestito [6] del FMI. Tali prestiti prevedono la sottoscrizione di clausole che comprendono tagli al welfare (educazione, sanità e servizi pubblici), privatizzazioni e interventi di stampo liberista. Condizioni che già in passato hanno causato un aggravarsi [7] della situazione dello Sri Lanka, contribuendo ad una progressiva perdita della propria sovranità e una sempre maggiore dipendenza economica.

[di Valeria Casolaro]