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Lo scambio di criptovalute china il capo all’UE

Il quinto pacchetto di sanzioni definito a inizio mese contro la Russia dall’Unione Europea è un pacchetto atipico, se non altro perché va tra le altre a inasprire le misure imposte a un settore giovane i cui confini sono ancora estremamente fumosi, quello delle criptovalute. A distanza di qualche settimana, le misure in questione hanno infine convinto la più importante piattaforma di scambio del settore blockchain, Binance, ad alterare il proprio modus operandi incrinando il sogno di un blockchain fatto di finanza decentralizzata.

Non che Binance sia felice della cosa, sia chiaro. L’azienda ha anzi informato i clienti delle nuove restrizioni con un comunicato [1]estremamente secco e che non manca di sottolineare come la decisione sia stata presa in relazione a un’imposizione dell’UE. Considerando che Binance è un’impresa cinese con sede legale alle isole Cayman, è facile che la realtà sia più articolata, ovvero che il CEO Changpeng Zhao abbia scelto di ottemperare alle richieste europee nell’ottica di portare avanti il suo progetto di trasformazione del portale in un’istituzione finanziaria di stampo tradizionale, tuttavia resta il fatto che qualcosa è cambiato.

Nello specifico, Binance ha notificato agli utenti russi che i portafogli digitali con somme che superano i 10.000 dollari siano ormai parzialmente congelati. I conti non potranno accogliere ulteriori depositi, né compiere transazioni e investimenti, la loro funzione sarà limitata alle richieste di prelievo e gli account colpiti avranno 90 giorni per terminare eventuali futures. Non solo, perché tutto funzioni l’azienda sta sollecitando tutti gli iscritti a verificare il proprio domicilio attraverso l’invio di documenti, cosa che a sua volta potrebbe far storcere il naso ad alcuni internauti.

Binance è il primo grande servizio di crypto-exchange a sottostare al pacchetto UE, ma l’azienda dice di essere certa che anche gli altri major dovranno presto adeguarsi a queste nuove regole, tacitamente suggerendo che sia indispensabile chinare il capo all’UE per rimanere nei giochi. La situazione impone comunque una riflessione sulla situazione del blockchain decentralizzato e sulla direzione che esso sta prendendo. Che si voglia “fregare il sistema” o circumnavigare le limitazioni di sistemi economici formali soffocanti, le criptovalute sono effettivamente una possibile alternativa al sistema finanziario di stampo classico, tuttavia la bontà liberatoria di queste monete digitali è anche condizionata da alcuni fulcri critici che ne minano l’efficacia.

Il gigante guidato da Zhao, per esempio, ha resistito fino alla fine alle richieste di Kiev di bloccare in maniera coatta ogni portafoglio digitale operante in Russia, tuttavia ignorare la pressione politica dell’Ucraina è una cosa, contrastare l’Unione Europea è un’altra. Binance, in quanto azienda, si dev’essere fatta quattro conti in tasca, capendo che una resistenza adamantina ai pacchetti sanzionatori avrebbe fatto più male di quanto non stia facendo la pubblicità negativa sviluppatasi attorno al suo atteggiamento remissivo.

Il gesto di cedimento del portale è tuttavia perlopiù simbolico: Bloomberg stima che dei 10 milioni di utenti iscritti sul portale, solamente 50.000 siano effettivamente dotati di portafogli che eccedono le somme indicate ed è difficile che questi siano tutti di origine russa. Quella dell’azienda sarebbe dunque una concessione più formale che pratica, tuttavia permane il dubbio che questo tipo di atteggiamento possa finire con il far sì che il blockchain sia vincolato dalle stesse dinamiche da cui molti vorrebbero che si scostasse, ovvero che broker, exchange e banche siano ormai la voce di riferimento di un potere che si sarebbe dovuto sviluppare orizzontalmente.

[di Walter Ferri]