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Shrinkflation: la tecnica usata dalle aziende per mascherare l’aumento dei prezzi

Con l’intento di mascherare l’aumento del costo del carrello della spesa, le aziende stanno mettendo in campo una tecnica potenzialmente in grado di rendere gli acquirenti inconsapevoli di tale crescita: la “shrinkflation”. A denunciarlo sono le associazioni dei consumatori, secondo cui tale metodo – con cui gli articoli vengono ridotti in termini di dimensioni o quantità mentre i loro prezzi rimangono sostanzialmente gli stessi – può facilmente ingannare i clienti. Difficilmente, infatti, il consumatore che acquista senza badare troppo all’etichetta si accorgerà di tali differenze trovandosi davanti lo stesso prezzo di sempre e lo stesso pacchetto che è abituato a comprare, o comunque solo leggermente più piccolo.

È per questo che il Codacons – ovverosia il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – ha recentemente presentato [1] un esposto all’Antitrust ed a 104 Procure della Repubblica di tutta Italia chiedendo di aprire indagini volte a verificare se tale prassi avviata dai produttori possa costituire fattispecie penalmente rilevanti, dalla truffa alla pratica commerciale scorretta. “Un trucchetto che consente enormi guadagni alle aziende produttrici ma di fatto svuota i carrelli e le tasche dei consumatori, realizzando una sorta di inflazione occulta”: è così che il Codacons definisce la “shrinkflation”, sottolineando infatti che i consumatori “tendono ad essere sempre sensibili al prezzo, ma potrebbero non notare piccoli cambiamenti nella confezione o non fare caso alle indicazioni, scritte in piccolo, sulle dimensioni o sul peso di un prodotto”.

Si tratta, a quanto pare, di una tecnica alquanto diffusa, dato che il Codacons fa sapere che secondo una recente indagine dell’Istat “i casi analoghi registrati in mercati, rivendite e super-mercati italiani sono stati 7.306”, con i picchi che si sono avuti “nel settore merceologico di zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele (in 613 casi diminuzione della quantità e aumento del prezzo) e in quello del pane e dei cereali (788 casi in cui, però, si è riscontrata solo una riduzione delle confezioni)”. “Bibite, succhi di frutta, latte, formaggi, creme e lozioni sono le altre categorie di prodotti a cui è bene prestare particolare attenzione”, ricorda inoltre il Codacons, il quale infine sottolinea che il fenomeno della shrinkflation è stato osservato anche durante il periodo di Pasqua, con il peso di alcune colombe che “è passato magicamente da 1 kg dello scorso anno ai 750 grammi del 2022, mantenendo intatti prezzo e confezioni”.

Su quest’ultimo punto si è soffermata anche l’Unione Nazionale Consumatori – la prima associazione di difesa dei consumatori in Italia – che al pari del Codacons ha deciso di battersi contro il fenomeno. “Le colombe pasquali da 750 grammi con confezione simile a quelle da 1 Kg finiscono all’Antitrust”, si legge in una nota [2] dell’associazione, che infatti ha presentato un esposto all’Authority sulla “shrinkflation” in virtù non solo del minor peso delle colombe pasquali, ma anche di diversi altri prodotti tra cui le mozzarelle (da 100 grammi invece che da 125), il caffè (da 225 al posto di quello da 250 grammi) ed il tè (con 20 bustine invece di 25). «La sgrammatura dei prodotti è antica, ma con la crisi attuale e gli aumenti dei costi di produzione delle aziende, dovuti ai rincari energetici di luce e gas, le segnalazioni dei consumatori si sono moltiplicate e le tecniche delle aziende si sono fatte sempre più insidiose», ha inoltre affermato a tal proposito il presidente dell’associazione Massimiliano Dona.

Infine, a denunciare tale pratica nelle scorse settimane è stata l’associazione Consumerismo no profit, che a sua volta ha presentato un esposto [3] all’Antitrust chiedendo di accertare se la “shrinkflation” possa violare le norme del Codice del Consumo e realizzare una pratica commerciale scorretta. Si tratta di «una prassi che inganna i consumatori, i quali non hanno la percezione di subire un aggravio di spesa, e svuota i carrelli anche del -30%, poiché a parità di spesa le quantità portate a casa sono inferiori» ha infatti spiegato il presidente di Consumerismo no profit, Luigi Gabriele.

[di Raffaele De Luca]