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Gli avevano fatto il funerale, ma il rublo è più forte di prima: come è successo?

Nonostante la dura politica di sanzioni messa in atto dai Paesi europei e dagli Stati Uniti nei confronti di Mosca, a seguito dell’operazione militare condotta in Ucraina, non solo l’economia russa ha resistito al colpo finanziario sferrato dall’Occidente, ma la sua monetail rublosi è apprezzata notevolmente addirittura superando i valori prebellici. Dopo un primo momento di esultanza della stampa europea che aveva già sancito la riduzione del rublo a carta straccia, la valuta russa ha rapidamente ripreso quota ed è diventata la moneta con una delle migliori performance a livello globale. Se, infatti, il 24 febbraio, giorno d’avvio dell’intervento militare, il tasso di cambio con la valuta americana si attestava a 81,48 rubli per un dollaro, in seguito al primo pacchetto di sanzioni, la moneta russa era crollata rapidamente: nel momento peggiore arrivarono a servire 143 rubli per ottenere un dollaro americano. Tuttavia, il recupero è avvenuto velocemente e oggi il rapporto di valore USD/RUB si attesta a quota 74,06 circa [1]: un cambio addirittura più favorevole rispetto a quello pre-sanzioni.

Ciò ha permesso al presidente russo Vladimir Putin di affermare che la politica occidentale delle sanzioni è fallita. Citato dall’agenzia russa Tass [2], infatti, ha asserito che «La Russia ha resistito a questa pressione senza precedenti. La situazione si sta stabilizzando, il cambio del rublo è tornato sui livelli della prima metà di febbraio e viene definito dalla bilancia dei pagamenti oggettivamente forte».

La ripresa è stata possibile grazie ad una serie di azioni e di politiche monetarie coordinate dalla Banca centrale russa, guidata dalla presidente Elvira Nabiullina: figura di grande esperienza, la governatrice della Banca russa ha seguito negli anni una strategia chiara basata, da un lato, sull’accumulazione di riserve in valuta della Banca centrale e, dall’altro, su una linea prudente di bilancio. Nel contesto attuale, per salvare il rublo dalle sanzioni occidentali ha alzato rapidamente i tassi d’interesse fino al 20% e questa azione di supporto terminerà solo con la fine della guerra, come spiegato dalla banca americana Morgan Stanley.

Dopo il brusco calo subito dopo l’inizio della guerra in Ucraina il rublo ha superato i livelli precrisi [fonte grafica: Investing.com]
La politica della Banca centrale, insieme al controllo rigido sui capitali imposto dal governo a coloro che intendono scambiare i propri rubli con dollari o oro, ha in buona parte impedito una ulteriore svalutazione del rublo. Ma a determinarne l’apprezzamento è stata soprattutto una sua maggiore domanda creata attraverso alcune precise iniziative: come tutti i beni, infatti, anche la moneta acquista valore in base alla sua maggiore o minore richiesta. Così, fin dall’inizio delle ostilità, le aziende esportatrici russe, tra cui quelle di gas e petrolio, sono tenute per legge a convertire in rubli l’80% dei propri introiti in dollari o euro, generando una maggiore domanda di moneta russa. Questo è anche il motivo per cui gli Stati Uniti stanno chiedendo con insistenza il blocco totale delle esportazioni di gas russo verso i paesi europei, sebbene Mosca abbia intenzione di compensare le eventuali perdite degli acquirenti occidentali con il mercato cinese e indiano. D’altro canto, al momento attuale i Paesi europei non possono rinunciare al gas russo, a meno di non accettare uno choc energetico che paralizzerebbe l’economia dei Paesi UE.
Ma a far recuperare in maniera sostanziale il valore del rublo è stata la richiesta da parte di Putin di ricevere il pagamento di gas in rubli: questa mossa, infatti, ha aumentato la domanda globale della valuta russa, portando ad un ulteriore aumento del suo valore rispetto alla valuta statunitense. Sebbene i nuovi standard di pagamento non siano immediatamente entrati in vigore per ragioni tecniche e legate alle scadenze dei pagamenti, l’azione di Putin ha dato spazio ad un rialzo del rublo anche nel lungo periodo. Molti Paesi non occidentali, infatti, sono già pronti ad effettuare gli scambi di materie prime in valuta locale, scavalcando il predominio del dollaro.

Se da un lato, alcuni economisti sostengono che l’impatto delle sanzioni richieda tempo per far sì che si sentano gli effetti e che la ripresa del rublo sia temporanea e destinata a spegnersi, dall’altro molti osservatori riflettono sulla possibilità che queste circostanze possano portare ad un cambio strutturale e sistemico del paradigma economico-commerciale globale. Si fa strada, infatti, l’ipotesi che il nuovo meccanismo “gas-per-rubli” – insieme ad altri meccanismi simili come quello rublo-rupia o il petroyuan saudita [3] – conduca ad una progressiva de-dollarizzazione del commercio globale, in particolare nel settore degli idrocarburi. Ipotesi confermata anche dall’analista di Crédit Suisse, Zoltan Pozsar, secondo il quale le sanzioni alla Russia potrebbero portare a un nuovo ordine monetario globale. Pozsar ha scritto, infatti, in un rapporto [4] risalente alla fine di marzo che “Stiamo assistendo alla nascita di Bretton Woods III, un nuovo ordine mondiale (monetario) incentrato sulle valute basate sulle materie prime in Oriente che probabilmente indebolirà il sistema euro-dollaro e contribuirà anche alle forze inflazionistiche in Occidente”. Non solo, dunque, il rublo resiste alle sanzioni occidentali, ma potrebbe anche ridefinire quegli equilibri monetari internazionali finora inscalfibili.

[di Giorgia Audiello]