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L’Inghilterra sigla un accordo con il Ruanda per liberarsi dei profughi

Il 14 aprile 2022 il Ministro dell’Interno inglese Priti Patel e il Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale del Ruanda Vincent Biruta hanno firmato il primo Partenariato per la migrazione e lo sviluppo economico al mondo. Tale accordo permette al Regno Unito di inviare in Ruanda i migranti (soprattutto uomini e soli) che entrino “illegalmente” nel Paese, in cambio di un investimento di 120 milioni di sterline (poco meno di 145 milioni di euro) nello “sviluppo economico e nella crescita del Ruanda”. Il contratto, seppur nuovo nella forma, non costituisce di per sè una novità: altri Paesi hanno già cercato di esternalizzare la gestione delle richieste di asilo e dei migranti. La logica della securitizzazione e della costruzione di barriere si profila ancora una volta la scelta preferenziale da parte dei governi, pur essendosi dimostrata del tutto fallimentare e non risolutiva per gli scopi desiderati, oltre che priva degli estremi legali per mostrarsi legittima.

La forma può certo essere unica nel suo genere, ma la sostanza non varia poi molto da quanto già visto in altre occasioni: il governo inglese pagherà [1] fior di sterline al Ruanda affinchè questo si faccia carico dei migranti che facciano ingresso illegalmente nel Regno Unito. Il primo ministro britannico Boris Johnson è stato chiaro nelle sue motivazioni: se da un lato ha provato a sostenere [2] che questa decisione col tempo costituirà un potente “deterrente” per coloro che traggono profitto dal traffico di vite umane, ha però anche aggiunto senza mezzi termini che “non possiamo chiedere ai contribuenti inglesi di firmare un assegno in bianco per coprire i costi di chiunque voglia venire a vivere qui”. L’accordo supporterà anche “operazioni di asilo, alloggio e integrazione, simili ai costi sostenuti nel Regno Unito per questi servizi”.

Il provvedimento prende di mira un target molto specifico: i migranti “illegali” che attraversino i confini “con le navi o con i camion”, in particolare se maschi e soli. Secondo il governo, l’impiego di “nuove imbarcazioni, sorveglianza aerea e personale militare esperto” per rafforzare i confini, per i quali sono previsti 50 milioni di sterline in nuovi finanziamenti, permetterà di affrontare “l’inaccettabile costo di 4,7 milioni di sterline al giorno per il contribuente derivante dall’ospitare i migranti negli alberghi”. Coloro che arriveranno in Inghilterra, afferma Johnson, non saranno più ospitati negli hotel ma in “centri di detenzione”.

Questa decisione, stando a quanto si legge sul sito del governo, costituirà un’opportunità per i profughi di “costruire una nuova e prosperosa vita in una delle economie che crescono più velocemente al mondo, riconosciuta globalmente per i suoi risultati nell’accogliere e integrare i migranti”. Numerosi report di organizzazioni internazionali e istituti di ricerca, tuttavia, dipingono un quadro leggermente differente.

Verso la fine del 2021, per esempio, un rapporto di Human Rights Watch [3] ha descritto il Ruanda come luogo nel quale detenzioni arbitrarie e trattamenti inumani, compresi maltrattamenti e torture, sono eventi all’ordine del giorno sia all’interno delle strutture governative che in quelle non ufficiali. L’opposizione politica, in Ruanda, subisce una violenta repressione da parte delle autorità statali, arrivando a minacciare anche gli oppositori che sono migrati all’estero. Il Ruanda è inoltre uno dei Paesi più densamente popolati al mondo e più poveri dell’Africa, nel quale il contraccolpo sull’economia dovuto alla pandemia si è fatto sentire con particolare forza. Il numero di rifugiati presenti nel Paese è già di per sè altissimo (intorno ai 130 mila) e difficilmente il governo potrà farsi carico della gestione di nuovi soggetti. Secondo l’analisi di numerose associazioni per la difesa dei diritti umani, oltre che di alcuni oppositori di Johnson, il provvedimento sarebbe privo dei presupposti legali che ne sostengano la legittimità.

Tuttavia, come fa notare il Financial Times [4], per il presidente ruandese Paul Kagame un accordo del genere costituirebbe una possibilità di riconoscimento agli occhi del contesto internazionale. In questo modo, infatti, Kagame apparirebbe agli occhi dell’Occidente come “leader africano proattivo che offre soluzioni radicali ai problemi spinosi di politica interna ed estera”, oscurando in parte le polemiche sulla repressione messa in atto contro l’opposizione.

Accordi simili sono già stati stipulati in precedenza: in Europa ci aveva già provato la Danimarca [5], nel 2021, e anche in questo caso le associazioni avevano denunciato la mancanza di un quadro legale legittimo entro cui operare. In quell’occasione il governo danese aveva scelto proprio il Ruanda per firmare un accordo di rafforzamento della cooperazione in materia di migrazione e asilo, finalizzato al potenziale trasferimento dei richiedenti asilo dalla Danimarca al Ruanda. Questo nonostante nel 2020 la Danimarca avesse ricevuto il più basso numero di richieste di asilo degli ultimi 20 anni (appena 1515). In quell’occasione era stata anche ipotizzata [6] la costruzione di un centro profughi nel Paese africano, ma ad oggi non è stato realizzato nulla di concreto. Nonostante ciò, la Danimarca si è detta disponibile ad ospitare fino a 100 mila profughi ucraini.

Un caso esemplare di esternalizzazione dei migranti, passato per molto tempo in sordina, è costituito dai centri di detenzione australiani [7] costruiti nelle isole di Nauru e di Papua Nuova Guinea. In quel caso il disinteresse da parte delle istituzioni per gli abusi subiti da uomini, donne e bambini provenienti da Iran, Iraq, Pakistan, Somalia, Bangladesh, Kuwait e Afghanistan, dei quali le istituzioni erano al corrente, era stato identificato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani come mezzo per scoraggiare i profughi dal recarsi in Australia a chiedere asilo.

[di Valeria Casolaro]