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Discariche illegali, l’Unione Europea bacchetta di nuovo l’Italia

Sono trascorsi dieci anni dal primo avviso, inviato dall’Ue all’Italia, per “la mancata bonifica o chiusura di 44 discariche che costituiscono un grave rischio per la salute umana e l’ambiente”. 12 di quelle discariche, tuttavia, sono ancora lì, motivo per cui la Commissione europea ha inviato a Roma una nuova lettera [1] di costituzione in mora, il primo passo per una procedura d’infrazione. La nostra Penisola dovrà quindi conformarsi presto alle norme della direttiva relativa alle discariche di rifiuti, oppure, fornire adeguati “piani di riassetto dei siti”. Bruxelles ha quindi appurato che il Bel Paese, sebbene abbia messo i sigilli a 32 discariche, non ha né chiuso né risanato 12 depositi illegali di rifiuti. Ora, l’ultimatum: l’Italia ha 2 mesi per mettersi in regola, dopodiché la Commissione potrà decidere se passare o meno il caso alla Corte di giustizia Ue.

Solo in materia ambientale, lo Stato italiano è sottoposto a ben 19 procedure d’infrazione, di cui cinque sono relative proprio allo smaltimento dei rifiuti. Considerando tutti i procedimenti avviati contro il nostro Paese, dal 2003 ad oggi, Roma ha già sborsato oltre 275 milioni di euro di sanzioni. Mentre, dal 2014 al 2019 – secondo quanto afferma il rapporto [2] “Discariche non conformi e procedure di infrazione a carico dell’Italia” – ha regolarizzato 160 discariche, ma lasciato nello status di ‘non conformi’ 84. Poi, dopo la sentenza [3] di condanna del 2019, è stato fatto un ulteriore sforzo, così al 2020, ne restavano da bonificare una quarantina. Per la precisione, come già detto, 44: di cui, 3 in Friuli-Venezia Giulia, 11 in Abruzzo, 5 in Puglia, 2 in Campania e ben 23 in Basilicata. Di queste, quindi, negli ultimi due anni ne sono state bonificate 32, mentre 12, quelle oggetto del più recente richiamo Ue, sono ancora da bonificare.

La direttiva europea [4] relativa alle discariche di rifiuti, coerentemente con il Green Deal e il piano d’azione per l’inquinamento zero, dovrebbe garantire la tutela della salute umana, dell’acqua, del suolo e dell’atmosfera. Dalla sua emanazione, gli Stati membri avrebbero così dovuto chiudere, entro il 16 luglio 2009, tutte le discariche non conformi ai requisiti della direttiva. L’Italia, già al tempo, primeggiava per numero di siti irregolari mentre ora, nonostante qualche progresso, è in ritardo nel loro risanamento. Le discariche, anche se a norma, rappresentano la modalità di smaltimento dei rifiuti più impattante, figuriamoci quindi se illegali. Nei depositi abusivi sparsi qua e là nella penisola si rinvengono rifiuti di ogni genere, compresi quelli pericolosi, con conseguenze disastrose per il suolo prima e le falde acquifere, da cui estraiamo acqua potabile, poi.

[di Simone Valeri]