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L’emergenza è finita, ma le navi quarantena sono ancora in funzione

Con il decreto legge della Protezione civile del 12 aprile 2020 venivano istituite le navi quarantena, mezzi controversi strettamente legati alla durata dell’emergenza sanitaria, sui quali i profughi avrebbero dovuto espletare i 14 giorni di isolamento fiduciario. Nonostante l’emergenza sanitaria da Covid-19 sia terminata il 31 marzo e non esistano atti normativi che ne proroghino i termini, alcuni di questi mezzi non risultano ancora dismessi, nonostante non vi siano leggi né decreti che ne giustifichino l’esistenza. Sarebbero infatti 89, su 106 totali, i migranti fatti reimbarcare dopo essere approdati, grazie alla nave della ONG tedesca Sea-Eye 4, nel porto di Augusta, secondo quanto denunciato da un’inchiesta del Manifesto.

A poche settimane dall’esplosione dell’emergenza sanitaria in Italia, dovuta al dilagare della pandemia da Covid-19, con decreto legge interministeriale (num. 150 del 7 aprile 2020 [1]) il governo ha dichiarato che i porti italiani non disponevano dei requisiti necessari per essere definiti “sicuri”. Fondamentalmente, per tutte le navi straniere (tendenzialmente appartenenti alle ONG) che salvassero i migranti al di fuori dalla zona di stretta competenza italiana per quanto riguarda la ricerca e il salvataggio i porti italiani si rivelavano di fatto chiusi.

Cinque giorni dopo, con il decreto della Protezione civile del 12 aprile [2], venivano istituite le navi quarantena, delle quali abbiamo parlato approfonditamente nel Monthly Report n. 7 [3]. L’assegnazione delle navi, sulle quali i migranti avrebbero dovuto trascorrere i 14 giorni di quarantena previsti per i profughi provenienti dal Mediterraneo centrale, è stata fatta tramite bando, l’ultimo dei quali pubblicato il 10 dicembre 2021. Ad aggiudicarselo sono state le compagnie GNV (con le navi Aurelia, Azzurra, Splendid e Rhapsody) e Moby (con la nave Moby Zaza), con una spesa totale di 20 milioni di euro tra i mesi di gennaio e marzo. Tuttavia, nonostante l’emergenza sanitaria sia terminata il 31 marzo e nonostante non esistano, al momento, decreti che ne proroghino la validità o nuovi bandi per l’assegnazione dei mezzi, le navi quarantena sembrano essere ancora in funzione. Secondo quanto denunciato dall’inchiesta del quotidiano Il Manifesto [4], infatti, dopo essere sbarcati presso il porto di Augusta mercoledì 6 aprile grazie al salvataggio della ONG tedesca Sea-Eye 4, 89 dei 106 migranti sono stati fatti salire nuovamente a bordo.

Secondo quanto dichiarato al Manifesto dal Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, «Perseverare con l’utilizzo delle navi quarantena configurerebbe una illegittima privazione della libertà personale». Una soluzione pensata per essere «transitoria ed eccezionale», la cui necessità era strettamente legata all’emergenza sanitaria, rischia infatti di istituzionalizzarsi, trasformando le navi in «hotspot galleggianti». Secondo quanto riportato dal quotidiano, infatti, in Sicilia l’isolamento fiduciario per i profughi avverrebbe ancora a bordo delle navi quarantena, mentre in Puglia e in Calabria l’isolamento è previsto a terra. Per i profughi ucraini, invece, nulla di tutto ciò: bastano un tampone [5] entro le prime 48 ore dall’ingresso in Italia e il regime di auto-sorveglianza per i cinque giorni successivi, con obbligo di utilizzo di mascherina FFP2.

L’adozione della misura delle navi quarantena è stata fortemente contestata da numerose realtà operanti nel sistema dell’accoglienza e dei diritti. Recentemente, in una lettera [6] inviata al Governo e sottoscritta dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), LasciateCIEntrare, Sea-Watch e numerose altre realtà viene fatto appello alle istituzioni affinché “si ponga fine al sistema delle navi quarantena e si adotti procedure che garantiscano la sicurezza, il diritto di asilo, la libertà personale e un’accoglienza degna delle persone in arrivo sul territorio italiano”. Inoltre, aggiungono le associazioni, “A due anni dallo scoppio della pandemia, non hanno alcuna giustificazione misure d’emergenza lesive della dignità delle persone e dell’accoglienza, che costituiscono un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione e amplificazione dell’approccio hotspot e delle violazioni da esso derivanti, con conseguenze gravi sulla vita delle persone coinvolte”.

Sono almeno tre le morti di cittadini stranieri sulle navi quarantena: due di questi erano minori che avevano bisogno di cure urgenti, le quali tuttavia hanno tardato ad arrivare. La magistratura sta verificando gli eventuali collegamenti con le condizioni a bordo delle navi.

[di Valeria Casolaro]