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Bambini separati e cure tradizionali: la Cina le prova tutte per mantenersi Covid zero

In Cina, dove nell’ultimo periodo sono aumentati in maniera netta i casi di Covid, il governo ha deciso di adottare il pugno di ferro con l’obiettivo di fermare i contagi nel Paese: nello specifico, dopo che nelle scorse settimane quasi 40 milioni di persone sono state messe in lockdown [1], a catturare l’attenzione mediatica adesso è Shanghai, che attualmente rappresenta l’epicentro della nuova ondata presente in Cina. A tutti i 26 milioni di residenti della città, infatti, da qualche giorno non solo è stato imposto il lockdown ma anche tutta una serie di altre restrizioni quali massicci test a tappeto e la separazione dei bambini risultati positivi dalle loro famiglie, mentre dal punto di vista preventivo le autorità stanno distribuendo ai residenti le medicine tradizionali cinesi. Misure che se da un lato lasciano di stucco dall’altro sembrano essere in linea con il rigido modus operandi adottato in Cina, dove fin dall’inizio per contrastare l’emergenza sanitaria ci si è rifatti alla cosiddetta “strategia zero-Covid” – il cui obiettivo è quello di stroncare possibili focolai sul nascere – che però mentre finora aveva permesso di mantenere i contagi molto bassi, ultimamente pare non essere più così efficace. Come detto, infatti, i casi sono adesso in crescita, ma nonostante ciò le autorità continuano a non mettere in discussione la propria strategia, che viene perseguita strenuamente.

A Shanghai, dove vi è il peggior focolaio cinese di Covid da quando il virus ha preso piede a Wuhan nel 2020, i contagi sono in costante crescita e nella giornata di ieri sono stati registrati [2] 19.660 nuovi casi asintomatici di coronavirus e 322 nuovi casi sintomatici. È per questo, dunque, che le autorità sono corse ai ripari e dopo aver imposto la scorsa settimana un lockdown in due fasi (la prima riguardante la parte est di Pudong e la seconda quella ovest di Puxi), negli scorsi giorni il confinamento è stato esteso all’intera città sine die.

Non solo, perché nella metropoli si stanno mettendo in campo le misure più disparate ed in tal senso non si possono non citare quelle relative ai rigorosi test a tappeto. Tre giorni fa, infatti, più di 38.000 operatori sanitari provenienti da 15 suddivisioni provinciali cinesi sono accorsi [3] a Shanghai per contribuire alla battaglia contro il virus: nello specifico – come dichiarato dall’alto ufficiale Commissione Sanitaria Nazionale Jiao Yahui – più di 11.000 medici hanno assunto incarichi di lavoro negli ospedali temporanei, più di 23.000 operatori sanitari si sono occupati della raccolta di campioni per i test molecolari e quasi 4.000 sono stati dispiegati per sostenere il lavoro da svolgere nei laboratori di analisi per il Covid-19. Alla fine, nella giornata di lunedì, grazie a questo massiccio dispiegamento di personale sanitario tutti [4] i cittadini di Shanghai sono stati sottoposti al test molecolare.

Va senza dubbio menzionato, poi, il trattamento riservato ai positivi: in linea con la strategia “zero Covid”, infatti, ai cittadini risultati positivi è richiesto di recarsi in veri e propri centri di quarantena. A tal proposito, però, critiche sono arrivate da parte della popolazione, infastidita dalle condizioni antigieniche in cui tali centri verserebbero a causa del loro sovraffollamento e non a caso, dunque, recentemente a Shanghai si è deciso di convertire [5] il National Exhibition and Convention Center (Necc) in un ospedale di emergenza con una capacità prevista di 40.000 letti. Non si tratta tuttavia di certo dell’unica criticità legata ai centri per la quarantena: la decisione più osteggiata, infatti, è stata quella sopracitata di separare i bambini positivi dai loro genitori, che ha scatenato una rabbia diffusa nella popolazione. Come confermato [6] negli scorsi giorni da Wu Qianyu, funzionario della Shanghai Municipal Health Commission, i bambini dai 7 anni in giù dovrebbero essere portati “in un centro sanitario pubblico” mentre tutti gli altri dovrebbero essere “isolati nei centri di quarantena”. Vi sono state quindi proteste diffuse tra i cittadini, in seguito alle quali un alto funzionario sanitario della città avrebbe affermato che i genitori di bambini con non meglio definiti “bisogni speciali” avrebbero potuto ora presentare domanda per fare compagnia ai figli.

Oltre a tutto ciò poi, come anticipato precedentemente Shanghai sta distribuendo ai residenti milioni di scatole di medicina tradizionale cinese (MTC), come prodotti a base di erbe e capsule antinfluenzali, che si sostiene possano curare il Covid-19. In tal senso, secondo quanto testimoniato [7] all’agenzia di stampa Reuters dal presidente dell’ospedale “Shuguang” Fang Min, circa il 98% dei pazienti Covid di Shanghai starebbe “assumendo un trattamento con MTC”, anche se parrebbero non esserci dati clinici affidabili a riguardo. Ad ogni modo, però, ciò che in conclusione non si può non ricordare è il fatto che tutte queste misure di contrasto adottate in Cina, ed in particolare ora a Shanghai, sembrano quantomeno divenire discutibili se si paragona la situazione cinese con quella dei paesi occidentali. Prendendo ad esempio in riferimento l’Italia, si nota che mentre nel nostro Paese ieri sono stati registrati circa 69.000 casi [8] e 150 decessi [9], in Cina vi sono stati [10] circa 23.000 casi (tra asintomatici e sintomatici) e nessun nuovo decesso.

[di Raffaele De Luca]