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Elon Musk entra in Twitter e già iniziano i cambiamenti

Nel novembre del 2021, il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ha deciso di annunciare le sue dimissioni da CEO dell’azienda asserendo che questa fosse ormai «pronta ad allontanarsi dai suoi fondatori». Una presa di posizione amara, se si considera che gli investitori avevano passato i mesi precedenti a fare pressioni per mettere alla porta il controverso dirigente. Pochi mesi dopo dal suo abbandono, Elon Musk si è insediato all’interno dell’impresa e la Borsa è impazzita di gioia. L’avvento di Musk è stato ufficializzato [1] il 4 aprile con l’acquisto del 9,2% delle azioni previa una transazione da circa 2,89 miliardi di dollari. Una percentuale che non concede all’eccentrico miliardario il controllo assoluto dell’azienda – per quello necessiterebbe almeno il 14,9% -, ma che lo eleva in cima alla lista degli azionisti, superando non di poco l’8,8% controllato dal fondo Vanguard. Jack Dorsey, per la cronaca, ha in mano solamente il 2,3% delle azioni.

Alla dirigenza del social resta in ogni caso il relativamente poco noto Parag Agrawal, tuttavia l’uomo più ricco del mondo è entrato a pieno diritto nel Consiglio di Twitter ed è facile intuire che possa avere occasione di plasmarne, direttamente o indirettamente, le evoluzioni future. Agrawal, Dorsey e Musk condividono d’altronde la fantasia di “decentralizzare” il social network tramite un protocollo aperto, così che sia lontano dalle dinamiche di controllo verticali, tuttavia pare che i modi attraverso cui raggiungere quest’obiettivo siano altamente divergenti.

Dorsey, nonostante tutti i suoi eccessi, ha infatti più volte dato voce alla necessità di combattere la disinformazione e l’abuso di internet come mezzo di manipolazione delle masse, Musk vorrebbe invece puntare su un mondo internettiano dove la “libertà di parola” è garantita a ogni costo, seguendo il filone di pensiero di imprenditori e politici che rinnegano con vigore il valore intrinseco del fact cheking

Che il Paperone del settore tech sia destinato ad avere un ruolo da leone nel futuro di Twitter lo si evince da voci interne all’azienda, ma anche dal fatto che, come rivela il The New York Times [2], la sua adesione al Consiglio non sia stata accompagnata dalla firma di un contratto che gli andrebbe altrimenti a impedire di influenzare le policy della Big Tech, contratto che molti suoi omologhi hanno invece dovuto siglare. Musk ha altresì dichiarato che contribuirà ad «attuare miglioramenti significativi a Twitter nei prossimi mesi», affermazione che né lui, né Agrawal, né Dorsey hanno voluto chiarire.

Un piccolo assaggio di cosa ci si possa aspettare lo si è visto con la recente scelta del social di rimuovere il contenuto dei tweet cancellati e di permettere agli utenti di modificare i propri cinguettii, elementi verso cui il passato CEO aveva mostrato una netta reticenza che si sosteneva sul fatto che un simile atteggiamento avrebbe reso ancora più torbido e pericoloso il dibattito sul web. Fatalmente, poco prima di quest’ultima evoluzione manageriale, Musk aveva aperto un sondaggio Twitter per stabilire quanti avrebbero effettivamente gradito la possibilità di alterare i propri post, dando a intendere sibillinamente che le manovre aziendali siano state condizionate dall’opinione pubblica.

Su questo frangente si è accumulata una tale ambiguità che l’azienda stessa ha sentito la necessità di smentire [3] che detto sondaggio abbia avuto qualsivoglia parte nel processo decisionale, cosa che a sua volta va a rimarcare la tendenza di Elon Musk a illudere i propri follower che questi abbiano un effettivo peso sulle sue scelte. È possibile che la variazione degli equilibri di potere possa nel tempo consolidare la tanto augurata decentralizzazione del controllo internettiano, tuttavia i fatti suggeriscono altrimenti, ovvero che Twitter si stia imbarcando in manovre atte a far felici gli investitori e che gli utenti siano ancora l’ultima ruota del carro.

[di Walter Ferri]