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Una società senza opposizione? È bene continuare a leggere

Qualche volta è preferibile leggere, far leggere, piuttosto che scrivere qualcosa di nuovo. Oggi faccio finta di preparare una lezione sui segni che ritornano, come gli avatar dei miti, secondo il principio metafisico di una  verità senza durata, ricorrente e per questo sfuggente.

Prima di tutto Herbert Marcuse, l’inizio dell’introduzione a “L’uomo a una dimensione”, 1964, tradotto in italiano da due miei prestigiosi colleghi, di sociologia e psicologia, Luciano Gallino e Tilde Giani, presso Einaudi, 1967, libro che è stato uno dei nostri Manifesti. 

Ecco dunque: “La minaccia di una catastrofe atomica, che potrebbe spazzar via la razza umana, non serve nel medesimo tempo a proteggere le stesse forze che perpetuano tale pericolo? Gli sforzi per prevenire una simile catastrofe pongono in ombra la ricerca delle sue cause potenziali nella società industriale contemporanea. Queste cause rimangono non identificate, non chiarite, non soggette ad attacchi del pubblico, poiché si trovano spinte in secondo piano dinanzi alla troppo ovvia minaccia dall’esterno – l’Ovest minacciato dal’Est, l’Est minacciato dall’Ovest”.

Poi, Noam A. Chomsky. Quando gli chiedevo che cosa avessero a che fare i suoi studi linguistici con la critica al capitalismo statunitense, lui mi aveva risposto con sapienza: andare a fondo delle proposizioni linguistiche è come andare a fondo di una volontà politica che si nasconde nell’esprimersi. 

Da una sua intervista del 1987: “Prendiamo i casi più semplici. Ad esempio, l’invasione russa dell’Afghanistan. Chiunque capisce, senza bisogno di conoscenze specialistiche, che l’Unione Sovietica ha invaso l’Afghanistan. È la verità. Non c’è da discuterne, non occorre sapere tutta la storia dell’Afghanistan per capirlo. Bene. Ora prendiamo l’invasione americana del Vietnam del Sud. Questa stessa definizione agli americani suona strana. Non credo che la troverete mai, dubito che l’abbiate mai trovata nei grandi giornali di informazione… Ecco le due simmetriche  mistificazioni. Secondo i russi, essi stavano difendendo l’Afghanistan contro la congiura capitalistica e le bande di criminali foraggiate dalla CIA… Quanto agli USA, ho visto intellettuali osservarmi con uno sguardo privo di comprensione quando parlavo loro dell’invasione del Vietnam del Sud da parte americana”… A voi trovare i paralleli contemporanei.

E più avanti Chomsky sottolinea che la gente ha sicuramente una coscienza più evoluta dei suoi rappresentanti e sarebbe in grado di parlare senza peli sulla lingua di politica esattamente come quando parla di calcio, quando attacca senza alcun timore reverenziale trainer, proprietà delle squadre, calciatori e arbitri. Ma allora mancavano i social, ora le chiacchiere da bar e le invettive trovano sì risonanza, come notava Umberto Eco, ma continuano a non avere, come nel calcio, alcun peso.

E, per finire, tocca a Roland Barthes, Lezione al Collège de France, 1977: “Questa magnifica illusione che permette di concepire la lingua al di fuori del potere, nello splendore di una rivoluzione permanente del linguaggio io la chiamo: letteratura”.

Ma tocca anche a don Lorenzo Milani: ”Ci vuole una parola dura, affilata, che spezzi e ferisca, cioè una parola concreta… capace di dir pane al pane senza prudenza, senza educazione, senza pietà, senza tatto, senza politica, così come sapevano fare i profeti” (da Barbiana, settembre 1958).

Non ci rimane dunque, per il momento, che continuare a leggere.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]