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La Tunisia scivola verso il caos: il presidente Saied scioglie il Parlamento

Il 30 marzo il presidente della Tunisia Kais Saied ha annunciato lo scioglimento [1] del Parlamento, accusandone i componenti di aver tentato il “colpo di Stato”. I parlamentari, ignorando le disposizioni del capo di Stato, si erano infatti ritrovati per una sessione plenaria online durante la quale si era svolta una votazione per abrogare i decreti presidenziali che conferiscono a Saied un potere quasi totale. L’opposizione accusa infatti il presidente di aver messo a punto un colpo di Stato, con l’intento di far scivolare il Paese verso una forma di governo autocratico.

Sono trascorsi appena otto mesi [2] da quando Kais Saied, eletto presidente della Tunisia nel 2019, ha licenziato il Governo, sospeso il Parlamento e rivisto la composizione degli apparati statali. Nel settembre 2021 [3] Saied ha poi concentrato su di sé, tramite decreto, il potere di governare e legiferare e ha preso il controllo della magistratura. Nel dicembre dello stesso anno ha poi disposto il “congelamento” del Parlamento fino a nuove elezioni (previste per il 17 dicembre del 2022). Le iniziative di Saied, le quali inizialmente hanno accolto il favore del popolo tunisino stanco dello stallo politico seguito alla rivoluzione del 2011, hanno scatenato forti proteste [4] in tutto il Paese. Numerosi critici, inoltre, hanno sottolineato come le azioni del presidente costituiscano di fatto un ritorno ad un regime autoritario.

I parlamentari, in netta opposizione con le disposizioni presidenziali, hanno perciò deciso di riunirsi in una sessione plenaria online per votare l’abrogazione dei decreti presidenziali che sospendono il potere del Parlamento per investire il capo di Stato di un controllo sul governo quasi totale. Saied aveva cercato in ogni modo di impedire lo svolgersi della sessione parlamentare, bloccando [5] in tutto il Paese le piattaforme di meeting online Zoom e Microsoft Team per una parte della giornata. La mossa dei parlamentari è stata da lui definita come un “tentativo di colpo di Stato” tramite il quale questi hanno cercato di “tradire” la nazione. Con un discorso diffuso dalla televisione ha poi annunciato che non avrebbe previsto nuove elezioni a tre mesi per riformare il Parlamento, come previsto dalla Costituzione attuale, ma che sarebbe stata istituita una nuova Costituzione, la quale verrà messa a referendum il prossimo 25 luglio. Le elezioni, alle quali “i cospiratori non potranno partecipare”, si svolgeranno poi a dicembre. Sono almeno 20 i membri del Parlamento i quali, avendo preso parte alla seduta, avrebbero ricevuto una convocazione per un’indagine dell’unità anti-terrorismo.

Issam Bargougi, deputato tunisino oppositore di Saied, ha dichiarato ad Al Jazeera che “Il voto parlamentare è storico perché rimuove la legittimità giuridica del colpo di Stato [di Saied del 2021] e fornisce un chiaro messaggio al popolo tunisino e ai partner internazionali della Tunisia che il Parlamento è intenzionato a svolgere il suo ruolo nel proteggere le conquiste democratiche della rivoluzione del 2011″, alludendo ai tumulti della primavera araba che hanno avuto come esito la deposizione dell’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali. A favore di Saied non gioca nemmeno la crisi economica tunisina la quale non accenna a migliorare, mentre Stati Uniti ed Europa si sarebbero detti preoccupati dal brusco allontanamento del Paese da una forma di governo democratica. “È molto probabile che la comunità internazionale, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e altri donatori internazionali cercheranno di creare una maggiore distanza tra loro e Kais Saied”, ha detto Khalid Hermasi, un commentatore politico tunisino, ad Al Jazeera.

Il 31 marzo il maggior partito di opposizione a Saied, Ennahda, ha respinto [6] lo scioglimento del Parlamento e annunciato di voler boicottare qualsiasi referendum che verrà organizzato dal capo di Stato. Il leader del partito Rashid Ghannouchi, intervistato [7] da Reuters, accusa Saied di aver messo in piedi un colpo di Stato nell’estate del 2021 e denuncia il fatto che, pur avendo fissato un referendum per luglio e votazioni per dicembre, il presidente non abbia coinvolto nessun gruppo politico o della società civile nella stesura della nuova Costituzione, né abbia rivelato quale sarà il contenuto. “Ci coordineremo con l’opposizione per rispondere collettivamente ai passi del presidente per ripristinare la democrazia. Ennahda è ancora grande e può raccogliere le persone sulle strade” ha dichiarato Ghannouchi.

[di Valeria Casolaro]