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Direttiva Bolkestein: il governo decide il futuro delle spiagge e dei porti italiani

In Italia l’applicazione della direttiva Bolkestein sta raggiungendo le battute finali. Domani 29 marzo la X commissione del Senato esaminerà gli oltre mille emendamenti presentati al disegno di legge sulla concorrenza, tra cui emerge la proposta per riassegnare le concessioni demaniali marittime avanzata dal Consiglio dei Ministri, in recepimento alla direttiva Bolkestein del 2006. Nonostante la ratifica avvenuta nel 2010, gli esecutivi italiani sono stati restii ad applicare la norma europea, così come dimostra l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033 disposta dal governo Conte I. Tra il 2020 e il 2021 si è registrato però un cambio di rotta, in termini di politica interna ed esterna. Nel dicembre del 2020 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora [1] relativa al rinnovo automatico delle concessioni balneari, minacciando di ricorrere alla procedura d’infrazione nel caso di ulteriore disallineamento alla direttiva da parte delle istituzioni italiane. Circa un anno dopo il Consiglio di Stato, organo ausiliare del Governo, ha annullato [2] la validità della proroga al 2033 e imposto le gare entro due anni.

La direttiva Bolkestein ruota intorno al tema della liberalizzazione delle concessioni balneari, obbligando dunque gli Stati a indire nuovi bandi pubblici per le loro assegnazioni. Se da un lato, l’applicazione della direttiva europea potrebbe portare a un allineamento tra canoni attuali riscossi dallo Stato e valori degli stabilimenti balneari, dall’altro si rischierebbe una massiccia privatizzazione a favore di grandi imprenditori, fondi finanziari o multinazionali contro i quali gli attuali gestori (circa 30.000), spesso famiglie che hanno investito i propri risparmi per avviare e condurre le attività, avrebbero ben poche possibilità di concorrere nelle gare di appalto. Un esempio di ciò che potrebbe rappresentare l’attuazione della direttiva europea è avvenuto lo scorso gennaio, quando la multinazionale RedBull ha rilevato [3] circa 120.000 metri quadri di litorale nel golfo di Trieste in cambio di 9 milioni di euro, con l’obiettivo di trasformare l’Isola dei Bagni a Marina Nova nel nuovo regno della vela e della nautica brandizzati Red Bull. Tra le diverse proposte contenute nell’emendamento al ddl Concorrenza, avanzato dal Consiglio dei Ministri per allineare l’Italia all’Unione europea, figura [4] la decisione di assegnare le concessioni tramite gare pubbliche a partire dal 2024, tenendo conto “degli imprenditori che nei cinque anni precedenti hanno utilizzato lo stabilimento come principale fonte di reddito” e cercando di equilibrare le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate, una condizione che, relativamente alle spiagge, non si verifica  [5]in diversi comuni italiani.

In attesa della valutazione della X Commissione del Senato, il fronte contrario alla direttiva Bolkestein si allarga [6]. Il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, ha spiegato che l’estensione delle regole a porti e approdi della nautica in materia di concessioni avverrebbe in contrasto con quanto previsto dal diritto europeo, dichiarando che: «La direttiva Bolkestein esclude espressamente l’applicazione ai porti e la Corte di Giustizia Ue ha anche sentenziato che questi ultimi vanno equiparati alla locazione di beni». Inoltre, domani 29 marzo, mentre la X Commissione del Senato sarà impegnata a verificare la validità degli emendamenti presentati al disegno di legge Concorrenza, gli imprenditori che si oppongono alle gare e alla riassegnazione delle spiagge italiane manifesteranno in Piazza della Repubblica a Roma.

[Di Salvatore Toscano]