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Buon lavoro, professor Marchetta

Diranno che sono invidioso, che anche a me piacerebbe andare, anzi finire, in televisione, pontificare banalità con l’aria da filosofo postmoderno o da intellettuale contro tutto, reattivo al minimo cenno utilitaristico, pronto al sentore di un cambiamento.

Eccolo lo psichiatra in argomento bellico, il sociologo da fine del mondo, il cattolico strumentalmente prudente, l’estremista incazzato a comando, il post-pre capitalista, catto-masso-comunista, il liberale avaro sino alla morte.

Eccolo l’opinionista da sabato sera, quello che ti fa piangere o deprimere per quello che dice, eccolo il moralista da mainstream, parroco agnostico ma pur sempre parroco, tanto pieno di livido buon senso.

Eccolo quello che queste cose le aveva già dette vent’anni prima, eccolo il risentito, l’antipatico a pagamento, che insulta quando ha sbagliato le dosi, eccolo l’anarchico con le tasche piene, il nevrotico narcisista, il professore ruffiano di qualsiasi occasione, il democratico che prende la stecca a vendere armi.

Tutti pronti a parlare di qualsiasi cosa: l’esperto cinefilo, cattedratico in banalità, lo psicologo sì-no-forse vax, eccola la soubrette giornalista che insulta chi con lei non c’è stato, eccolo l’onorevole multipartito, sdegnato e inconcludente, eccola la influencer che non parla mai ma convince.

Non bisogna prendersela con tutti, mi aveva consigliato una superstar dei media, schierato in ogni caso dalla stessa parte.

Io, che ho commesso tanti errori, anche per eccesso di fiducia, sono stato pagato per insegnare e per scrivere ma non ho mai preso soldi per dire o non dire quello che penso.

Buon lavoro, professor Marchetta.

[di Gian Paolo Caprettini]