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In Cina dopo due anni sono tornati i contagi: quasi 40 milioni in lockdown

La Cina torna alle prese con una crescita dei contagi da Covid, dopo che per due anni il Paese era riuscito a tenere ad un livello molto basso la diffusione del virus, recentemente vi è stato un incremento netto nel numero di casi registrati. Lunedì scorso, secondo quanto riportato dalla Commissione Nazionale di Sanità cinese, sono stati registrati [1] 3.602 nuovi casi, segnando il record dei contagi dalla prima (e fino ad ora unica) ondata subita dalla Cina nei mesi di gennaio e febbraio ’20. Numeri che, visti dall’Italia, sono da niente (il nostro paese continua ad avere circa 60.000 casi al giorno con una popolazione 23 volte inferiore a quella del gigante asiatico). Ma le autorità di Pechino, fedeli alla strategia “zero Covid” perseguita fin dall’inizio, hanno posto prontamente in lockdown 37 milioni di persone. Ai residenti delle città di Changchun (situata nella prima [2] provincia in lockdown dal 2020, lo Jilin) Shenzhen e Dongguan è stato vietato di lasciare i quartieri di residenza se non in caso di stretta necessità e ciascuna famiglia ha avuto il permesso di inviare una sola persona a fare la spesa ogni 2/3 giorni. Nella città di Langfang, invece, a tutti i residenti è stato vietato di lasciare le loro case se non per motivi di emergenza.

Se i numeri, confrontati a quelli a cui siamo abituati in Europa non sono certo impressionanti, è vero che in Cina l’aumento è giunto inaspettato e sta facendo discutere: il Paese infatti fin dall’inizio si è rifatto a un modus operandi molto rigido per contrastare l’emergenza sanitaria, la cosiddetta “strategia zero-Covid”, con cui si è puntato a stroncare possibili focolai sul nascere prevedendo test di massa e la chiusura delle città anche solo in presenza di pochi casi di coronavirus. Questa modalità ha permesso di mantenere i contagi e i decessi molto bassi, dato che a quanto pare nella Cina continentale si sono verificati [3] in totale 127mila casi e 4.636 decessi: numeri davvero contenuti se comparati, sempre per rendere l’idea, a quelli dell’Italia, dove vi sono stati 13,7 milioni di casi e 158mila decessi. Tuttavia seppur fino ad ora tale politica sembrava aver prodotto buoni risultati, adesso in Cina – dove quasi l’88% [4] della popolazione si è sottoposta al ciclo di vaccinazione primario – i casi sono in drastico aumento, motivo per cui, alla luce anche delle conseguenza economiche ad essa legate, ci si chiede [5] se possa ancora essere sostenuta a lungo.

Le autorità cinesi spiegano il rialzo dei contagi con l’arrivo anche nel loro paese della più contagiosa variante Omicron: come affermato al Global Times [6] da Wu Zunyou, capo epidemiologo presso il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, la variante ha infatti ora sostituito Delta come ceppo dominante nel Paese, rappresentando circa l’80% dei casi recenti. Di conseguenza, uno dei motivi per cui i casi si sono diffusi così velocemente potrebbe essere dovuto ai sintomi più lievi di Omicron, che la renderebbe più difficilmente rintracciabile. Tale tesi sarebbe inoltre maggiormente plausibile alla luce della presenza nel Paese della sotto-variante “BA.2” della Omicron, che secondo le prime evidenze scientifiche avrebbe una trasmissibilità maggiore rispetto alla “BA.1”, ovverosia l’originale variante Omicron.

Da citare infine la situazione presente ad Hong Kong, dove è stato registrato un elevato tasso di mortalità: la media giornaliera ad oggi è infatti di 37 [7] morti al giorno per milione di abitanti, il che conferisce alla regione amministrativa cinese il più alto tasso al mondo attuale. In tal senso però, da sottolineare è senza dubbio la bassa percentuale [8] di vaccinazione tra gli anziani, che in molti ipotizzano essere alla base di tali numeri. Seppur infatti attualmente l’82% delle persone di età pari o superiore a 12 anni abbia ricevuto due dosi di vaccino, solo il 38% delle persone di età pari o superiore ad 80 anni si è sottoposto a due dosi.

[di Raffaele De Luca]