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I droni sono sempre più protagonisti della guerra in Ucraina

In Ucraina, i blindati, i carri armati e le truppe di terra si stanno manifestando con una presenza che è palpabile e scenografica, tuttavia si stanno muovendo anche altri mezzi bellici, mezzi che forse sono meno evidenti, ma che rappresentano una parte integrante dei campi di battaglia odierni: gli Unmanned Aerial Vehicle (UAV), colloquialmente noti come droni.

Topiche sono ormai le immagini aeree diffuse dal Governo di Kiev in cui i carri nemici vengono fatti detonare con bombardamenti mirati. Tenendo conto della scarsa frequenza dei fotogrammi dei video in questione, è facile intuire che le clip siano state registrate dai droni stessi, più nello specifico da quei Bayraktar TB2 di fabbricazione turca che figurano nell’arsenale ucraino. I droni turchi prodotti dalla Baykar Technologies non sono particolarmente sofisticati, ma sono efficienti e relativamente economici, inoltre, prima dell’invasione, l’Ucraina si stava preparando ad avviarne la costruzione in loco predisponendo stabilimenti che, non a caso, pare siano stati tra i primi bersagli [1] colpiti dal Cremlino. A latere, l’Amministrazione ucraina sta inoltre cercando di intensificare la capillarità della propria Intelligence chiedendo a tutti i civili esperti di droni hobbistici di partecipare alla sorveglianza del nemico con gli apparecchi che hanno a disposizione. 

Sull’altro fronte, la Russia ha schierato con una certa titubanza gli Orion prodotti dal Kronstadt Group, mastodonti dall’apertura alare di sedici metri, potenti strumenti di sorveglianza e guerra che, nonostante abbiano preso parte attiva [2] all’attacco, vengono più che altro adoperati per identificare il posizionamento degli obiettivi, una reticenza che è giustificata dal loro essere facile bersaglio della contraerea. Per compensare questa vulnerabilità, Mosca starebbe dunque confidando sull’agilità dei droni da ricognizione Orlan-10 e sugli UAV kamikaze ZALA KYB, velivoli che si scaraventano sul bersaglio e, al momento della detonazione, eiettano con forza un’ampia rosa di sfere d’acciaio, generando danni ingenti.

Droni kamikaze sono in procinto di unirsi anche ai ranghi ucraini per “bontà” della Casa Bianca. Gli USA hanno infatti annunciato aiuti militari da 800 milioni nei quali figurano dei Switchblade della AeroVironment, armi che, più che droni, potrebbero essere considerate vere e proprie bombe a ricerca. Sparato da un mortaio, lo Switchblade è in grado di essere manovrato in remoto e di coprire distanze che raggiungono gli 80 chilometri. Nello specifico, il senatore repubblicano Mike McCaul ha annunciato [7]che sta «lavorando con gli alleati» per inviare a Kiev una maggiore quantità di Switchblade 300, modelli che sono relativamente inefficienti contro i mezzi blindati, ma letali contro gli esseri umani.

Nel frattempo, l’Italia è divenuta invece crocevia di velivoli di ricognizione. La Naval Air Station statunitense ospitata a Sigonella sta facendo decollare senza sosta dei Northrop Grumman RQ-4B, UAV meglio noti come Global Hawk, in direzione Ucraina, Polonia, Bielorussia e Mar Nero. Bisogna sottolineare che i velivoli in questione siano, per quanto ci è dato sapere, strumenti di pura sorveglianza, ovvero che non siano caratterizzati da un carico missilistico. Allo stesso tempo è anche importante ricordare che la posizione dell’Italia nei confronti dei droni bombardieri sta rapidamente cambiando: appena pochi mesi fa, un documento della Difesa [8] aveva infatti sibillinamente lasciato a intendere che i droni nostrani stiano venendo armati, dettaglio di cui abbiamo chiesto conferma alle autorità, senza però ricevere alcuna risposta.

[di Walter Ferri]