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Faroe: il piccolo Stato che ha rifiutato il lockdown, dimostrando che non fa differenza

Le Isole Faroe, un arcipelago a governo autonomo che fa parte del Regno di Danimarca, nonostante abbiano contrastato il Covid in maniera decisamente poco restrittiva, durante il primo anno pandemico hanno avuto numeri migliori rispetto alla vicina Islanda, dove la politica sanitaria è stata ben più rigida. Innanzitutto, infatti, bisogna ricordare che nelle Isole Faroe il governo non ha imposto alcun lockdown generalizzato: certo, durante le prime settimane di pandemia sono state ad esempio chiuse le scuole, tuttavia la lotta al virus si è basata principalmente su delle semplici raccomandazioni da parte del governo, che ha invitato i cittadini a seguire determinate regole anziché imporle.

Tra il mese di aprile 2020 ed il mese di maggio vi è poi stato un graduale ritorno alla normalità, con il governo che nei mesi successivi non è tornato sui propri passi. In risposta alle successive ondate, infatti, non sono state introdotte nuove misure di blocco e si è scelto di implementare un massiccio regime di test insieme a un rigoroso tracciamento di casi e contatti, tecnica che si è dimostrata essere efficace come documentato da alcuni studi [1]. «La nostra gestione della pandemia durante la primavera e l’estate del 2020 è stata unica per portata ed efficacia della sua capacità di test ed infatti le Isole Faroe hanno registrato il più alto tasso di test pro capite al [2] mondo», ha affermato [3] in tal senso il primo ministro Bárður á Steig Nielsen sottolineando che se da un lato si è puntato praticamente tutto sui test dall’altro «a differenza della maggior parte dei governi, si è deciso all’inizio di provare ad influenzare il comportamento dei nostri cittadini emettendo raccomandazioni, non emanando leggi».

Detto ciò, è interessante confrontare, come anticipato precedentemente, lo sviluppo della pandemia durante il suo primo anno nelle Isole Faroe e nella vicina Islanda, una nazione molto simile in termini di cultura e standard di vita. L’Islanda ha implementato misure rigorose con cui sono state chiuse nel mese di marzo 2020, tra l’altro, le università, le scuole secondarie nonché poi anche tutte le piscine, i musei, ed i bar. Successivamente, a differenza di quanto fatto nelle Isole Faroe, con la nuova ondata autunnale è stata disposta nuovamente la chiusura di bar, palestre e luoghi di intrattenimento. Eppure, confrontando i numeri relativi al Covid tra le due nazioni, si nota che quelli delle Faroe siano migliori di quelli islandesi. Al 28 febbraio 2021, infatti, i casi confermati nelle Isole Faroe erano poco meno di 14.000 per milione di persone ed i decessi [4] erano di 20 per milione, mentre in Islanda vi erano circa 16.000 casi e 80 decessi per milione nel medesimo periodo. Certo bisogna specificare che alla data del 28 febbraio 2021 nelle Faroe il 5,8% della popolazione fosse completamente vaccinata [5] mentre in Islanda il 3,4%, tuttavia si tratta appunto di una leggera differenza che evidentemente può aver inciso in maniera alquanto limitata.

È per questo, dunque, che le differenze tra i due paesi meritano di essere prese in considerazione, in quanto potrebbero potenzialmente indicare che maggiori restrizioni non sono in maniera certa sinonimo di miglior contrasto alla pandemia. Inoltre, seppur sia comunque difficile affermare con certezza ciò, un altro elemento a favore di tale tesi è costituito dalla densità di popolazione delle due nazioni: se da un lato, infatti, il minor numero di abitanti delle Isole Faroe (circa 50.000) rispetto a quello dell’Islanda (circa 366.000) potrebbe far pensare che il paragone sia totalmente fuorviante, la densità di popolazione dimostra che ciò non sia esatto, in quanto quella delle Isole Faroe (34,8 abitanti per chilometro quadrato) è molto più elevata rispetto a quella dell’Islanda (3,09 abitanti per chilometro quadrato).

[di Raffaele De Luca]