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La distribuzione dei fondi del PNRR scatena la lotta tra i piccoli comuni

Per ovviare allo spopolamento e alla conseguente “estinzione” di numerosi comuni e borghi storici italiani sono stati stanziati 420 milioni di euro nell’ambito del Piano Nazionale Borghi previsto dal PNRR. Tali fondi saranno destinati ad interventi di rivalutazione di 21 comuni, uno per ogni regione, per un totale di 20 milioni di euro a comune. L’assegnazione di tali cospicue cifre ha sollevato non poche polemiche tra i sindaci dei comuni esclusi dalla selezione, i quali lamentano la necessità di interventi diffusi sul territorio piuttosto che mirati a singole e minuscole realtà.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede lo stanziamento di un miliardo [1] di euro per il Piano Nazionale Borghi, iniziativa volta a valorizzare comuni e borghi italiani. In particolare, 420 milioni di euro saranno destinati ai comuni “a rischio estinzione” per via dello spopolamento. Con i fondi ottenuti i comuni potranno dare vita a “progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o abbandonati, tramite la realizzazione di un numero limitato di interventi di carattere esemplare”. Sono 21 i comuni che trarranno beneficio da questo provvedimento, per un totale di circa 20 milioni di euro da destinare a ciascuna amministrazione. Si tratta di cifre ingenti per borghi che, in alcuni casi, contano una popolazione di poche decine di individui. Per tale motivo sono state numerose le polemiche e le critiche da parte dei sindaci dei comuni esclusi dalla selezione, che lamentano la necessità di una migliore e più diffusa distribuzione delle risorse disponibili che permetta la rivalutazione del territorio e non di singole e ristrette aree.

È quanto accaduto nel Lazio [2], quando è stato annunciato che il piccolo borgo di Trevinano, che conta appena 142 residenti, disporrebbe delle caratteristiche idonee alla ricezione dei 20 milioni di euro di fondi, che corrisponderebbero a quasi 141 mila euro per abitante. La sindaca Alessandra Terrosi ha dichiarato al Guardian che l’esito della selezione ha scatenato “molta invidia e malumori” da parte dei colleghi dei borghi concorrenti. Trevinano conta sulla presenza di un ristorante stellato, ma non ha scuole né supermercati o bancomat e lo sportello postale è aperto un solo giorno a settimana. Il progetto di Terrosi, scelto tra altri 14 possibili beneficiari in tutto il Lazio, è di rivalutare il borgo con programmi di rimboschimento, ristrutturazione delle case rimaste vuote e il rilancio di iniziative agricole e di formazione per gli studenti.

Tra coloro che hanno mosso critiche c’è chi si domanda se fosse il caso di destinare una tale ingente cifra a un comune con un numero così esiguo di abitanti. Il sindaco di Civita di Bagnoregio, borgo situato a un’ora di distanza da Trevinano e popolato da appena 11 residenti, avrebbe fatto notare come “Sarebbe meglio dividere i soldi più equamente tra i borghi in modo da sviluppare un’intera area, soprattutto perché è estremamente difficile per le piccole amministrazioni gestire somme così ingenti”. La polemica non riguarda solo il Lazio, ma è estesa a tutti i comuni italiani interessati dal bando. Alcuni tra i dubbi sollevati riguardano poi l’efficacia stessa di tale tipo di intervento, ovvero l’effettiva riuscita del ripopolamento di aree così remote.

Il programma di finanziamento, inoltre, avrà termine nel 2026, deadline estremamente ravvicinata che potrebbe comportare una difficoltà aggiuntiva per le piccole amministrazioni, non abituate ad avere a che fare con considerevoli somme di denaro, per di più in tempistiche così brevi.

[di Valeria Casolaro]