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La crisi energetica si sta dimostrando un grande affare per Eni

Il repentino aumento del costo dell’energia preoccupa milioni di famiglie e imprese. Per cercare di arginare l’emergenza rincari il Governo ha di recente stanziato nuovi fondi (6 miliardi), in linea con il provvedimento precedente (5,5 miliardi), ritenuto insufficiente [1] da diverse realtà coinvolte nella crisi, tra cui l’Associazione artigiani e piccole imprese (CGIA) di Mestre. Chi invece non risente dell’emergenza energetica, e anzi sembrerebbe beneficiarne, è l’Eni, il cui Consiglio di amministrazione ha approvato il 17 febbraio scorso i risultati consolidati dell’esercizio e del quarto trimestre 2021 [2], periodo in cui la multinazionale degli idrocarburi ha visto moltiplicare i propri profitti, segnando in bilancio un utile operativo adjusted di 3,8 miliardi di euro (+53% rispetto ai tre mesi precedenti).

In generale il 2021 ha rappresentato per Eni un anno di grandi affari, così come dimostrano i 9,7 miliardi complessivi di utile operativo adjusted, ritornato ai livelli pre-pandemia anche grazie al rincaro dell’energia. I prezzi di realizzo delle produzioni Eni sono infatti aumentati dell’11% per i liquidi e del 43% per il gas rispetto al terzo trimestre 2021. Prendendo invece in considerazione la differenza fra i due anni, si nota un aumento dell’82% e del 154% rispetto al trimestre 2020. Dei quasi 10 miliardi di euro di profitti, ben 9,3 provengono dal settore “Exploration and Production“, confermando la natura essenzialmente fossile della compagnia, nonostante l’emergenza climatica e gli impegni [3] per la decarbonizzazione. A confermare i dati sono altri dati: nel quarto trimestre del 2021 la produzione di idrocarburi è infatti salita a 1,74 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, segnando un +2,7% rispetto al 2020. Questa tendenza non dovrebbe arrestarsi nel 2022, nonostante l’Agenzia internazionale dell’energia ricordi che per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nette di CO2 entro il 2050 sia necessario bloccare sin da subito l’esplorazione e lo sviluppo di nuovi giacimenti. Eni, invece, sembrerebbe aver individuato “oltre 700 milioni di barili di petrolio equivalente di nuove risorse”. Tra queste, va segnalata “l’importante scoperta ad olio nel blocco CI-101 nell’offshore della Costa d’Avorio”, annunciata [4] lo scorso settembre dalla multinazionale stessa: si tratta di Baleine, il primo pozzo esplorativo perforato da Eni nello Stato africano.

Anche la direttrice degli investimenti tecnici sembrerebbe confermare l’interesse della compagnia a restare un caposaldo del settore petrolifero: dei 5,3 miliardi di euro investiti nel 2021, 3,4 sono indirizzati allo sviluppo di giacimenti di idrocarburi. Le fonti rinnovabili sono invece comprese nella categoria della “commercializzazione del gas ed energia elettrica nel business retail”, e i loro investimenti fermi a 366 milioni di euro.

[Di Salvatore Toscano]