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UE, respinto ricorso di Ungheria e Polonia sullo Stato di diritto

Il 16 febbraio la Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto un ricorso presentato da Ungheria e Polonia. Di cosa si tratta? I due Paesi si sono opposti al meccanismo che prevede che l’erogazione dei fondi europei sia collegato al rispetto dello Stato di diritto. In altre parole, l’UE chiude i rubinetti alle Nazioni che non si preoccupano della salvaguardia e del rispetto dei diritti e delle libertà dell’uomo. Questa decisione blocca, tra le altre cose, anche l’accesso ai soldi del Recovery Fund.

Molti esperti ONG, associazioni in difesa dei diritti umani, concordano sul fatto che diversi paesi membri dell’Unione Europea fanno fatica a rispettare gli standard [1] previsti dai cosiddetti regimi democratici. In Nazioni come Ungheria e Polonia, ma anche Repubblica Ceca, Bulgaria e Romania, ci sono grossi ostacoli nel garantire l’indipendenza della magistratura, dei tribunali e della giustizia in generale, nell’assicurare trasparenza nelle decisioni governative e nel tutelare minoranze e oppositori politici [2].

È noto che Ungheria e Polonia sono due stati difficilmente definibili pienamente democratici. È più giusto invece reputarli a guida semi-autoritaria, soprattutto perché da anni tentano di sfuggire alle regole e controlli UE (in particolare per i fondi). Il denaro che questi Paesi ricevono è stato spesso utilizzato per rafforzare il controllo sull’economia e la politica, e consolidare il potere di chi sta a capo.

La sentenza della Corte potrebbe già entrare in vigore nel giro di poche settimane. Le motivazioni che hanno portato l’UE a prendere questa decisione sono racchiuse in poche righe: “Il regolamento mira (…) a proteggere il bilancio dell’Unione europea da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello stato di diritto, e non già a sanzionare, di per sé, violazioni del genere. Il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda (…) giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati”.

[di Gloria Ferrari]