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Oltre 100 nazioni si sono impegnate a proteggere gli oceani

I rappresentanti di oltre 100 nazioni si sono impegnati ad adottare misure volte a preservare gli oceani, tra cui la lotta contro la pesca illegale e la riduzione dell’inquinamento da plastica: è quanto emerge dalla dichiarazione [1] “Brest commitments for the oceans” adottata nell’ambito del “One Ocean”, un summit [2] tenutosi dal 9 all’11 febbraio scorso a Brest, in Francia, a cui hanno partecipato i capi di governo di 41 paesi. Il vertice ha segnato il punto di partenza di una serie di importanti incontri internazionali relativi agli oceani, tra cui la Conferenza sull’Oceano dell’Onu (Organizzazione della Nazioni Unite), che si terrà a giugno a Lisbona, e la COP27 prevista in autunno a Sharm el-Sheikh, in Egitto.

“Consapevoli che la posizione degli oceani nell’agenda politica internazionale non è attualmente commisurata al suo ruolo negli equilibri climatici, ambientali e sociali o al grado di minaccia per la vita marina – si legge nella dichiarazione – i leader di Brest si sono impegnati a lavorare insieme in modo rapido e tangibile per mettere a punto un stop al degrado degli oceani, scegliendo di agire per preservare la biodiversità, fermare lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine, combattere l’inquinamento e mitigare il cambiamento climatico“.

Nello specifico, per quanto riguarda i 27 stati appartenenti all’Ue, essi hanno lanciato con altre 16 nazioni la “High Ambition Coalition on Biodiversity Beyond National Jurisdiction”, atta a stabilire entro la fine dell’anno un accordo globale avente ad oggetto la regolamentazione dell’uso sostenibile dell’altro mare – ossia delle acque al di fuori della giurisdizione di qualsiasi paese – tutelando così la loro biodiversità. Per quanto concerne invece la pesca illegale, che “rappresenta quasi un quinto delle catture mondiali, mina gli sforzi per gestire gli stock ittici in modo sostenibile e spesso comporta condizioni di sicurezza e di lavoro pessime per i pescatori”, 14 Paesi si sono impegnati ad intensificare la lotta contro di essa su più fronti. In tal senso, l’accordo della FAO sulle misure dello Stato di approdo ad esempio, atto a controllare meglio le attività di pesca nei porti in cui vengono sbarcate le catture, sarà ratificato da altri 2 Paesi, mentre diversi Stati dell’UE si sono “impegnati a schierare le loro flotte in operazioni all’estero così da intensificare la sorveglianza della pesca illegale”.

Oltre a tutto ciò, dato che “alcuni ecosistemi marini e costieri possono assorbire e immagazzinare grandi quantità di carbonio” e siccome bisogna dunque “accelerare i progetti di protezione e ripristino di tali ecosistemi, Francia e Colombia hanno lanciato una “coalizione globale per il carbonio blu” che riunirà tutti coloro che, a livello nazionale e internazionale, vorranno contribuire al “finanziamento del ripristino degli ecosistemi costieri utilizzando metodologie condivise e rigorose“.

Inoltre, un altro obiettivo da citare è senza dubbio quello della “fine dell’inquinamento plastico negli oceani”. Nove milioni di tonnellate di plastica finiscono nel oceano ogni anno”, si ricorda infatti all’interno della dichiarazione, motivo per cui la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) si è unita alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e alle banche di sviluppo di Francia (AFD), Germania (KfW), Italia (CDP) e Spagna (ICO), per portare avanti la “Clean Oceans Initiative” – una iniziativa atta a ridurre l’inquinamento da plastica in mare – ed hanno raddoppiato i loro sforzi in questo settore, impegnandosi a fornire 4 miliardi di euro di finanziamenti entro il 2025. Infine, un’altra mezza dozzina di Paesi si è unita invece al “New Plastics Economy Global Commitment”, un programma ambientale delle Nazioni Unite per aiutare i governi e le imprese a passare a un’economia circolare mirata al riciclaggio o al riutilizzo del 100% di tutta la plastica.

[di Raffaele De Luca]