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Le strambe manovre per un nuovo “grande centro”

Esiste un sogno politico chiamato “grande centro” che, nel nostro Paese, torna ciclicamente alla ribalta. Successe già all’inizio dello scorso decennio, all’indomani del definitivo sgretolamento del bipolarismo che vedeva come protagonisti Berlusconi e il blocco del centro-sinistra: terminato il suo mandato come Primo Ministro, potendo contare sull’appoggio di Futuro e Libertà per l’Italia di Gianfranco Fini (reduce dalla scissione dal PDL) e dell’UDC di Pier Ferdinando Casini, l’ex banchiere Mario Monti si fece carico di ricostituire e guidare una forza politica alternativa alla destra, alla sinistra e al ‘populismo post-ideologico’ del neonato Movimento 5 Stelle. Il risultato alle elezioni del 2013? Un misero 10%, segno che la battaglia politica, per gli anni a venire, si sarebbe giocata su altri piani: in particolare, l’emersione delle forze anti-establishment (vedasi il risultato delle elezioni del 2018) e la ‘radicalizzazione’ del centro-destra resero vano ogni sforzo “moderato”.

Eppure, in seguito alla nascita dell’Esecutivo di Mario Draghi e, in particolare, dopo la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, effetto della “sistematizzazione” almeno parziale delle  forze politiche al Governo, i centristi sembrano volere concretamente rimettere mano al progetto lasciato a metà. A rompere gli indugi sono stati, per primi, il leader di Italia Viva Matteo Renzi e il fondatore di Coraggio Italia Giovanni Toti, i quali hanno dato il via libera alla federazione “Italia al Centro”, con l’obiettivo di agglomerare sotto tale sigla la galassia dei partiti moderati. I sondaggi, infatti, sono per loro impietosi e il rischio di non ottenere i numeri per entrare in Parlamento alle prossime elezioni è estremamente concreto.

La cornice delle prospettive politiche di Renzi & Co. è stata ben delineata dallo stesso ex Premier mercoledì 9 febbraio a Porta a Porta su Rai 1: «Io vorrei costruire un’area che sia contro il sovranismo di destra e contro i populisti-massimalisti», un’area in cui «se il PD ci vuole stare, è un film, se il PD non ci vuole stare, è un altro film». Infatti, ha dichiarato [1] Renzi, «Negli ultimi anni non ho più giocato da centravanti, ma in mezzo al campo, ruolo con cui ho dato una mano affinché arrivasse Draghi al posto di Conte e perché ci fosse Mattarella. Il mondo di Toti, come pure di Carfagna, Gelmini, dei sindaci riformisti del PD, di Beppe Sala, c’è». Il commento del coordinatore nazionale di Forza Italia ed Eurodeputato del Partito Popolare Europeo Antonio Tajani è stato affidato ad una nota stampa [2]: «Non esiste la possibilità, con il sistema elettorale attuale, di dar vita a un centro diverso dal centrodestra. Il centro del centrodestra occupa uno spazio politico che è quello dell’area moderata che fa riferimento alla famiglia del Partito popolare europeo. In questo momento Italia Viva fa parte dell’altra metà della mela, è un partito del centrosinistra. Se vorrà cambiare posizione, ne parleremo, ma adesso è un partito del centrosinistra con cui si può collaborare su alcune tematiche importanti. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo». Una reazione tiepida, ma che, in attesa di capire come il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi deciderà di muoversi, non manifesta certo una chiusura incondizionata.

Peraltro, ad aprire ufficialmente l’ennesima stagione della “corsa al centro” era stato, nell’ottobre dello scorso anno, proprio lo ‘sposalizio’ tra Forza Italia ed Italia Viva in Sicilia, con la nascita di un intergruppo [3] tra le due forze politiche in consiglio regionale annunciata dal Presidente dell’ARS Gianfranco Micciché. Candidato da Forza Italia come nuovo governatore della Sicilia alle elezioni regionali del prossimo autunno, Micciché ha ottenuto il plauso [4] di Davide Faraone, il ‘renziano di ferro’ in corsa per aggiudicarsi la poltrona di sindaco di Palermo alle Amministrative che si terranno tra una manciata di settimane: «Gianfranco Micciché sta dimostrando di avere coraggio. È tempo di passare dalle chiacchiere ai fatti: chi parla di campo largo e di ‘modello Draghi’ deve avere gli attributi per attuarli. Gianfranco sta dimostrando di averli». Dichiarazioni colme, tra le righe, di amorevoli intenti.

In ogni caso, il più grosso problema per il progetto politico di centro a cui si lavora a livello nazionale resta quello dei voti. Voti che, ancora più di dieci anni fa, mancano, così come manca una leadership forte in grado di attrarli. Ed ecco che i sognatori del “mondo di mezzo” si appellano al Premier Mario Draghi perché accetti di offrire un volto credibile all’accozzaglia centrista. «Sarò il federatore di forze di centro alle prossime elezioni? Rispondo in maniera totalmente chiara: lo escludo», ha però affermato [5] Draghi in conferenza stampa venerdì 11 febbraio, reagendo in maniera piccata alle proposte dei «tanti politici«» che lo hanno candidato «in tanti posti in giro per il mondo»: «Io li ringrazio moltissimo, ma vorrei rassicurarli che, se dopo quest’esperienza decidessi di lavorare, un lavoro me lo trovo anche da solo». Evidentemente, la mancata elezione a nuovo Presidente della Repubblica è stata mal digerita dall’ex Presidente della BCE.  Intanto, il centro politico italiano di cui tutti parlano, nei cui ranghi fioccano politici ma alla cui base mancano elettori, resta ad oggi pura immaginazione.

[di Stefano Baudino]