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Edelman Trust: il rapporto globale che mette a nudo l’informazione mainstream

Che i mezzi di comunicazione considerati “tradizionali” – i cosiddetti media mainstream – più che strumenti d’informazione atti a veicolare l’oggettività dei fatti siano in realtà i più potenti strumenti per plasmare velatamente l’opinione pubblica alterando e mistificando le notizie, è noto da sempre ad una ristretta cerchia di intellettuali, studiosi e professionisti della comunicazione. Tuttavia, tale consapevolezza si sta lentamente, ma inesorabilmente affermando anche tra le “masse” della civiltà industriale, consumistica e globalizzata dell’era contemporanea. Lo confermano numerosi studi e statistiche, tra cui il recente sondaggio “Edelman Trust Barometer 2022 [1]” condotto da Edelman, la più grande società di consulenza in comunicazione e relazioni pubbliche a livello globale: secondo i dati della ricerca – ottenuti intervistando più di 36000 persone in 28 Paesi del mondo, Italia inclusa – circa un intervistato su due ritiene che il governo (48%) e i media (46%) rappresentino delle forze divisive nella società. Similmente, il 76% è convinto che la diffusione di notizie false abbia attualmente raggiunto il suo apice e venga usata come “arma”, mentre più del 60% pensa che giornalisti e reporter (67%) così come i governi (66%) mentano apertamente alla popolazione. Uno scenario che evidenzia una crisi di fiducia strutturale verso le istituzioni e i canali di informazione “ufficiali” da tempo latente e portata in superficie dalle ormai continue destabilizzazioni socioeconomiche, provocate da una condizione emergenziale semi permanente.

In realtà, la volontà di manipolare l’opinione pubblica, attraverso una propaganda abilmente dissimulata dietro al velo dell’informazione seria e professionale, non è una tendenza recente, ma è anzi connaturata al sistema moderno di comunicazione di massa e ha come obiettivo la creazione del consenso. Edward Bernays (1891 – 1995), primo spin doctor della storia e conoscitore della psicologia dell’inconscio teorizzata dallo zio Sigmund Freud, nel suo libro “Propaganda” (1928), con riferimento alle tecniche per condizionare le masse, scrisse che “Coloro che hanno in mano questo meccanismo […] costituiscono […] il vero potere esecutivo del Paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. […] Sono loro che manovrano i fili”. In altri termini, un’informazione intenzionalmente alterata che si serve spesso di slogan svolge nelle società liberal-democratiche occidentali la stessa funzione che la coercizione svolgeva e svolge tuttora negli stati totalitari, solo in un modo più “morbido”, in quanto subdolo e difficilmente percepibile. Per questo, il politologo e filosofo americano Noam Chomsky, che si è occupato approfonditamente di media e comunicazione, ritiene che “la propaganda è per la democrazia quello che il randello è per lo stato totalitario”. [2]

Questo meccanismo è stato reso possibile applicando al mondo dei media la logica del profitto illimitato propria del sistema capitalistico, agevolando la concentrazione dei media nelle mani della grande finanza e di pochi uomini ultramiliardari che possono così diffondere indisturbati tutto ciò che avvalora la forma mentis dell’impostazione liberista, atlantista e progressista sostenuta dalle oligarchie liberali occidentali.

Il presunto “filantropo” Bill Gates, ad esempio, ha finanziato decine di mass media in tutto il mondo [3], insieme ad associazioni giornalistiche e istituzioni accademiche, proprio con l’intento di uniformare e livellare il pensiero della collettività secondo i desiderata della plutocrazia internazionale.

Anche in Italia, i principali mezzi di informazione sono posseduti dalle famiglie più influenti del mondo finanziario e industriale. Ad esempio, il Gruppo Editoriale Gedi è posseduto dalla famiglia Agnelli-Elkann ed è uno dei più importanti gruppi editoriali italiani, operanti in tutti i settori della comunicazione. Di conseguenza, ciò spinge queste realtà ad assecondare e promuovere la narrazione più funzionale ai loro interessi economici, geopolitici e di potere, secondo il tipico schema del “conflitto d’interesse”.

Tutto ciò sta alla base della crisi di fiducia generalizzata rilevata dal sondaggio di Edelman, in quanto è sempre più percepibile la volontà di alterare la realtà e influenzare le menti. Motivo per cui un numero crescente di persone si sta rivolgendo alla rete e a realtà editoriali più piccole e indipendenti, verso cui nutre più fiducia rispetto ai canali di informazione tradizionali. Segno incoraggiante del fatto che molti si sono messi sulle orme della “verità”, privilegiando un’informazione quanto più possibile oggettiva e imparziale.

[di Giorgia Audiello]