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La tutela dell’ambiente è entrata nella Costituzione italiana, cosa cambia ora?

La tutela dell’ambiente e della biodiversità fa ora ufficialmente parte della Costituzione italiana. Con la quarta e ultima lettura, dopo che era stato già approvato due volte dal Senato e una dalla Camera, Montecitorio ha dato il via definito al disegno di legge. 468 i voti a favore, uno contrario e sei gli astenuti. La modifica della Costituzione [1], in particolare, riguarda gli articoli 9 e 41: «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico e – si legge nel nuovo testo – tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Figura poi che «la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». E inoltre, si specifica che «l’iniziativa economica è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente».

Su carta, si tratta indubbiamente di un fatto dai connotati epocali che, tuttavia, non è detto trovi riscontro nei fatti. Nel caso della modifica dell’articolo 9, stiamo parlando dell’inserimento delle tematiche ambientali tra i principi fondamentali della Repubblica. Un passo tanto necessario e in linea con le nuove consapevolezze ecologiche quanto facile che venga disatteso. Basti pensare, ad esempio, che l’Italia detiene il record di procedure d’infrazione e di violazione di direttive europee in materia ambientale e di leggi sul clima. Difficile quindi credere che qualche riga in più possa guidare un significativo ed immediato cambio di rotta. Oppure, in riferimento alla modifica dell’articolo 41, ora, le attività economiche dovrebbero essere, di fatto, subordinate alla salvaguardia dell’ambiente, cosa che, con i presupposti attuali, appare comunque utopica. Emblematico in questo senso l’entusiasmo del Ministro Cingolani per l’approvazione del disegno di legge, come se la nuova Costituzione ‘verde’ potesse magicamente cancellare quanto fatto finora. Nessuno stop [2] a nuove concessioni petrolifere, acceleratore sul gas [3] e più di un occhio di riguardo [4] per la multinazionale italiana in assoluto più impattante.

La modifica in sé, comunque, è un bene che sia accolta positivamente, se non altro, ora il Bel Paese è in linea con la maggior parte delle nazioni europee. L’Italia, così, è il 22esimo Stato membro dell’Ue ad aver inserito uno o più riferimenti all’ambiente nella propria Carta costituzionale. Quel che si auspica è che questa ispiri realmente le future mosse legislative. Certo è che l’inserimento di nozioni ecologiche, come biodiversità ed ecosistemi, nella principale fonte del diritto, conferma quantomeno una nuova visione socioculturale. Finora, infatti, al livello costituzionale, le uniche forme di conservazione dell’ambiente erano legate al concetto di ‘paesaggio’, inteso come una porzione di territorio il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Una veduta visibilmente antropocentrica, ora, invece, sostituita da un approccio più olistico focalizzato sull’ecologia. Discorso a parte va fatto poi per il nuovo riferimento alla tutela degli animali. In questo caso, l’Italia è appena il quinto Paese al mondo a dare uno spazio esclusivo ad altre forme di vita nei propri principi fondamentali. E soprattutto – poiché trattasi di una questione dai confini ben delineati e meno trasversale rispetto ad una più ampia ‘tutela ambientale’, rappresenta uno strumento concreto per procedere verso una loro effettiva protezione a livello legislativo e giurisdizionale.

[di Simone Valeri]