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Il sistema europeo Nutri-Score propone il bollino nero al vino: “massima dannosità”

In questi giorni è scoppiata una nuova polemica intorno al sistema di etichettatura europeo a semaforo Nutri-Score [1]. La diatriba si è scatenata in relazione alla produzione di vino e alcolici in genere. Gli studiosi francesi di Epidemiologia, che alcuni anni fa idearono questo metodo di etichettatura dei prodotti alimentari al fine di favorire la strategia comunitaria From farm to fork – finalizzata alla promozione di un’agricoltura “sostenibile” – hanno proposto alla Commissione europea un ulteriore sviluppo al modello già ben definito e prossimo alla approvazione finale. Si tratta dell’aggiunta della lettera F, di colore nero, al semaforo di lettere e colori che va dal verde (lettere A e B) al rosso (lettere D ed E). La variazione cromatica indica in questo sistema pericolosità e salubrità degli alimenti: il verde è associato al cibo salutare mentre il rosso indica i cibi da evitare o da consumare in maniera limitata. Ebbene, ora gli ideatori francesi propongono addirittura il colore nero come sinonimo di massima nocività per tutte le bevande che contengono alcol, anche quelle a basso tasso alcolico come la birra o a medio tenore come il vino.

La proposta francese ha subito scatenato indignazione e proteste, sia in Italia che in Francia, da parte di associazioni di produttori e anche politici. È il caso del sottosegretario alle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, che ha rivendicato il valore culturale del vino e la sua importanza nel contesto e nella tradizione della Dieta Mediterranea. Le associazioni di categoria dei viticoltori sostengono che questa demonizzazione dei vini sia “un affronto all’intelligenza dei consumatori” e “un attacco ad un modello di vita e di civiltà che dura da secoli”.

A questo punto, la patata bollente passa nelle mani dei legislatori europei che entro la fine del 2022 dovranno approvare (o rigettare) definitivamente, il sistema di etichettatura a semaforo Nutri-Score, per farne un modello valido in Europa e adottabile in tutti i supermercati europei; oltre a quelli francesi e tedeschi che lo hanno già adottato. Il Nutri-Score è nato infatti nel 2013 per iniziativa di ricercatori dell’Università di Parigi e dell’Istituto nazionale francese per la ricerca sulla salute e la medicina (Inserm) [2]. In Italia però, le resistenze verso l’adozione di questo modello sono sempre state forti: a Gennaio 2020, i politici – in accordo con associazioni industriali di produttori – hanno presentato alla Commissione europea un sistema di etichettatura alternativo al Nutri-Score, chiamato Nutrinform Battery [1].

Il modello del Nutri-score rivela dei limiti, nonostante le millantate virtù sbandierate da francesi e tedeschi, nell’ottica di contribuire a prevenire le patologie legate alle scorrette abitudini alimentari. Basti pensare che prodotti come Coca-Cola Zero, Red Bull sugar-free o cordon bleu industriali (pieni di conservanti e additivi) avranno il semaforo verde col Nutri-Score, in quanto non vengono dolcificati con lo zucchero e risultano avere un ridotto apporto calorico. Ma tutto sono fuorché cibi e bevande salutari.

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Nel caso dei vini e delle bevande alcoliche, appare altrettanto chiaro che un giudizio netto e fortemente negativo come quello che viene proposto ora in Francia con l’utilizzo del colore nero, è del tutto slegato da un concetto di corretta informazione ed educazione alimentare nei confronti dei consumatori. Sebbene gli alcolici siano sicuramente bevande da evitare completamente nella fascia di età dei più giovani, lo stesso non si può applicare agli adulti e ad un consumo moderato e di qualità. Come sarebbero inaugurazioni, matrimoni e feste tradizionali come il Capodanno, senza un calice di vino o spumante?

Da sottolineare inoltre, è l’aspetto della sostenibilità ambientale, della formazione di generazioni future di consumatori più consapevoli e della vera prevenzione. Il cibo infatti, se ben conosciuto, è un’arma di prevenzione di massa; non è una semplice equazione a base di calorie e alcol, ma qualcosa che deve essere collegato a concetti di qualità alimentare, di filiere sostenibili e di basso impatto ambientale, per potersi definire davvero uno strumento di prevenzione e di aiuto per tutti i cittadini.

È nocivo un vino locale prodotto da piccole cantine che praticano un’agricoltura biologica e priva di pesticidi, oppure un vino industriale prodotto con una impronta ecologica negativa e destinato a invadere mercati globali come quello che tante multinazionali oggi promuovono? Anche in Italia vengono recati danni al patrimonio naturale ed alle popolazioni a contatto con vigneti trattati con sostanze chimiche tossiche, ma lo stesso dicasi per molti vini francesi.

Non sarebbe meglio concentrarsi sul regolamentare il processo produttivo (distruttivo) dei grandi gruppi industriali della birra che non fanno altro che espandersi, sottraendo terreno e possibilità di sviluppo al piccolo produttore e abbassando continuamente la qualità nutrizionale? Anche in questo settore si rischia di promuovere i profitti di gruppi industriali che devastano l’Ambiente e che col loro marketing influenzano il consumo irresponsabile e di bevande non salutari (sebbene non alcoliche) in un pubblico giovane e facilmente plasmabile. Serve imparare dunque, a dirimere le controversie sull’alimentazione e la produzione del cibo sulla base di valori come la qualità, la filiera, l’impronta ecologica, il consumo responsabile e lo sviluppo delle economie di piccola scala; che distribuiscono la ricchezza nelle mani di molti attori piuttosto che di pochi ricchi.

 [di Gianpaolo Usai]